Che il settore delle costruzioni, in Italia, sia stato forse il più penalizzato dagli effetti della crisi economica abbattutasi sul Paese ormai 10 anni fa, è un fatto noto. Tuttavia, in ambito nazionale, così come locale, sono i numeri a far comprendere non soltanto la concreta portata del fenomeno, ma anche gli umori del comparto. Un malessere diffuso, che nel capoluogo piemontese si è tradotto, lo scorso lunedì 20 novembre, in un sit in e in una conferenza stampa dei sindacati del settore edile davanti alla sede Ance di Torino, in previsione dello sciopero nazionale del 18 dicembre per il rinnovo del contratto nazionale scaduto da più di un anno. A farsi portavoce della protesta, Marco Bosio (Fillea Cgil), Gerlando Castelli (Filca Cisl), e Claudio Papa (Feneal Uil), che hanno dichiarato: “Il settore edile è sempre più in crisi, e anche il mancato rinnovo del contratto nazionale, che riguarda 1 milione e mezzo di dipendenti in Italia, contribuisce a danneggiare i lavoratori già seriamente compromessi dalla crisi. Ben 9.192 posti di lavoro persi dal 2008 in Provincia di Torino (con gli iscritti alla cassa edile passati da 18.376 a 9.184) e addirittura 1.880 aziende chiuse. Sono numeri che fanno capire l’urgenza di intervenire a sostegno del settore”.
Ma quali sono le istanze degli operatori del comparto? “Nel rinnovo del contratto – spiegano i rappresentanti sindacali – oltre all’aumento salariale chiediamo il contratto di cantiere per combattere il dumping contrattuale di aziende che lavorano irregolarmente sul territorio, facendo uso di lavoro nero o addirittura di contratti non edili (con evidenti minori tutele). Si stimano, in provincia di Torino, 3.000 lavoratori in nero e 4.200 inquadrati con contratti non edili (metalmeccanici, multiservizi, terziario, florivivaisti). La mobilitazione non può che continuare e culminerà appunto con lo sciopero del 18 dicembre”.