“Va accolta con soddisfazione l’iniziativa dei senatori Mineo, De Petris, Barozzino, Tocci e D’Adda di presentare un disegno di legge che introduca a livello nazionale l’obbligatorietà del fascicolo del fabbricato, strumento indispensabile per porre un argine alle criticità strutturali del patrimonio edilizio italiano”. L’ingegner Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma, torna su uno dei suoi cavalli di battaglia, evidenziando che, “nonostante la bocciatura di qualche mese fa da parte di una commissione della Camera di un provvedimento in tal senso, non c’è dubbio che la soglia di sensibilità sul tema si stia alzando: lo dimostrano, ad esempio, sia l’innovativa legge regionale varata dalla Calabria, che vincola in maniera più pressante le amministrazioni e i proprietari di immobili ad adempiere i rispettivi doveri, sia le recenti dichiarazioni di apertura fatte dall’assessore all’Urbanistica di Roma Capitale, Luca Montuori”.
Come puntualizza Simoncini, “Il disegno di legge appena promosso ribadisce l’importanza che ogni edificio, indipendentemente dalla sua destinazione funzionale, possieda una sorta di carta d’identità che riporti le caratteristiche urbanistiche, strutturali e manutentive del manufatto, nonché le peculiarità geologiche dell’area circostante. L’impianto normativo risulta apprezzabile anche perché prescrive l’aggiornamento periodico del documento, vincola all’esistenza e alla correttezza dello stesso il rilascio di autorizzazioni e certificazioni da parte dei Comuni e prevede una fiscalità agevolata per le spese sostenute dai proprietari”.
Di qui, un riferimento ad un altro tema caldo, quello delle costruzioni abusive: “Nell’ottica di un contrasto al fenomeno dell’abusivismo edilizio e dell’emersione delle irregolarità, il provvedimento si pone anche la questione dei cinque milioni di domande di condono ancora da smaltire. I Comuni italiani dovranno mettere in piedi un piano di evasione delle istanze puntuale e cogente, che aiuti la pubblica amministrazione in tempi ragionevoli a recuperare gli oltre ventuno miliardi di euro ancora da incassare per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria e di segreteria e risarcimenti per danno ambientale. Per fare ciò, vista la mole di lavoro e considerato che la quasi totalità degli enti locali non dispone di archivi digitali, va necessariamente ipotizzato il coinvolgimento di soggetti privati: un’operazione del genere permetterebbe a ciascun Comune, in cambio del riconoscimento di una frazione delle spettanze all’eventuale partner, di non sostenere costi per implementare gli uffici tecnici e di utilizzare procedure più veloci e trasparenti”.