È una amara realtà quella che emerge dalle analisi sul mercato del calcestruzzo in Italia contenute nel rapporto annuale dell’Atecap, l’associazione dei produttori di calcestruzzo, presentato a Roma nella sede di Confindustria. L’industria delle costruzioni è tornata di fatto ai livelli produttivi degli anni Sessanta, e nel settore del calcestruzzo preconfezionato in nove anni si è perso quasi mezzo secolo di sviluppo.
Il 2015, in particolare, si è affermato come il nono anno consecutivo di contrazione nei volumi prodotti di calcestruzzo preconfezionato, che si attestano a 25.253.861 metri cubo segnando un dato di chiusura negativa a due cifre (-10,1%) rispetto all’anno precedente. Ciò trova spiegazione nel mancato rafforzamento, nell’anno 2015, della lenta risalita dell’economia italiana e nell’assenza di risorse concrete per il rilancio del settore delle costruzioni. In termini di volumi, la produzione di calcestruzzo passa da 72,5 milioni di metri cubi nel 2007 ad appena 25,2 milioni nel 2015, con una perdita di 47,3 milioni in otto anni: un calo di circa 6 milioni all’anno. Il calo produttivo registrato nel 2015 territorialmente si è manifestato con minore intensità nelle regioni meridionali.
A soffrire sono i principali driver del mercato del calcestruzzo preconfezionato, ovvero la nuova edilizia abitativa e le costruzioni non residenziali: nel 2015 gli investimenti in nuove abitazioni hanno subito una riduzione del -6% rispetto al 2014 mentre gli investimenti in costruzioni non residenziali privati e pubblici -1,2%.
Diverso, per fortuna, è lo scenario futuro: la previsione per la produzione di calcestruzzo preconfezionato per il 2016 è di +1,1%, dunque un rallentamento del calo di produzione che comunque significherebbe l’interruzione del trend negativo registrato ininterrottamente per nove anni. Per l’Atecap, tuttavia, anche se l’economia italiana registra cauti segnali e prospettive di crescita, la ripresa ancora non coinvolge pienamente il settore delle costruzioni, e dunque il comparto del calcestruzzo preconfezionato. Le prospettive di investimento future sembrano riguardare più il mercato del recupero, della manutenzione e della riqualificazione piuttosto che interessare gli investimenti in nuove abitazioni e le costruzioni non residenziali.
Come spiega l’associazione, “l’industria del calcestruzzo preconfezionato nel 2015 ha raggiunto il suo valore più basso in termini di volumi di produzione, per questo non si parla più di crisi ma di mutamento radicale del mercato. Chi produce calcestruzzo si trova a fare i conti con un mondo nuovo, un mercato meno capiente rispetto a quello che ha fatto da scenario alla crescita economica degli anni passati in grado di assorbire meno della metà della capacità produttiva oggi attiva. È uno scenario in cui ancora non è chiaro come relazionarsi ma è certo che il settore deve assumere una diversa configurazione, ogni produttore deve rivedere scelte aziendali oggi non più attuali”.