[A cura di: ing. Fabrizio Mario Vinardi, consigliere segretario Ordine Ingegneri prov. di Torino] Negli ambienti di lavoro esistono figure professionali, obbligatoriamente previste dal TU in materia di Sicurezza, il “famoso” D.Lgs. 81/08 con le proprie successive modifiche ed integrazioni, che si occupano della sicurezza e della salute dei lavoratori e per fare ciò svolgono la altrettanto “famosa” analisi dei rischi.
Verrebbe però da chiedersi se nel caso che stiamo per affrontare sarebbe stato possibile – utilizzando la ordinaria diligenza del buon padre di famiglia e le conoscenze professionali specifiche – valutare correttamente le effettive conseguenze di un modesto dissesto al manto di copertura di una palazzina adibita a spogliatoio.
Questa palazzina, che si sviluppa ad un solo piano fuori terra e sottotetto, è il classico edificio costruito nei primi decenni del ’900, con muratura portante in laterizi e tetto a capanna realizzato con orditura in legno e manto tegole, che un fortunale estivo aveva modestamente smosso (e sarebbe stata buona cosa intervenire subito e far ripassare il tetto, ma tant’è…).
L’edificio fa parte di un comprensorio industriale manifatturiero e, col tempo, è stato adibito a spogliatoio, previa installazione di un controsoffitto leggero in lastre di cartongesso per evidenti motivi igienici (oltre che estetici), su cui era stato posato un tappetino isolante in lana di roccia per il contenimento energetico.
Per la verità, da un po’ di tempo si notavano, in alcuni punti del cartongesso, le classiche macchie irregolari, con i contorni più scuri, tipiche di una infiltrazione, ma la cosa non aveva preoccupato più di tanto né i lavoratori, né gli addetti alla sicurezza, che avevano identificato la verosimile causa in infiltrazioni di acqua piovana dovute ad una non più perfetta tenuta del manto di copertura; così facendo, il problema era stato di fatto relegato ad una mera questione estetica, per la quale si prevedeva, nell’arco dei successivi 12-18 mesi, di far eseguire il citato ripasso del manto di copertura (sul perché i tempi di intervento previsti fossero così lunghi si possono fare solo congetture, ma sicuramente l’idea era di intervenire durante il mese di agosto, quando la scarsa presenza di maestranze rendeva possibile adibire una parte dei locali adiacenti alla mensa a spogliatoio provvisorio).
Quello che, invece, è accaduto è stato un improvviso cedimento del controsoffitto, fortunatamente in un momento in cui il locale era vuoto.
Certo, lo sbigottimento del primo lavoratore che, al termine del proprio turno, è tornato nello spogliatoio per cambiarsi deve essere stato colossale: nel settore in fondo allo spogliatoio era crollata una parte del controsoffitto, con detriti sparsi su un’area di indicativi 10 mq; allo stupore è certamente seguita la preoccupazione legata al fatto di realizzare (e consapevolizzare) l’elevato rischio a cui, per mesi, lui ed i colleghi sono stati esposti.
Ma che cosa era successo?
Dopo aver messo in sicurezza l’area ed aver impedito l’accesso all’intera palazzina, con tutti i disagi che ciò ha comportato, la prima squadra che ha iniziato a rimuovere le macerie si è accorta che a terra, oltre ai pannelli col relativo sistema di fissaggio (il materassino isolante era rimasto penzolante nel vuoto), vi era una notevole quantità di escrementi di volatili!
Un successivo sopralluogo, condotto con tutte le accortezze del caso, ha permesso di smontare alcuni dei pannelli pericolanti e prendere visione della situazione: una colonia di piccioni aveva nidificato sulle travi lignee dell’orditura principale e, col passare del tempo, gli escrementi si erano accumulati sull’isolante, infiltrandosi verso il controsoffitto nei punti in cui i rotoli non erano perfettamente posati in aderenza. Col passare del tempo alcuni pannelli si erano così imbibiti di liquidi e sostanze organiche, che avevano accelerato il processo di degrado, fino a far perdere ai pannelli le proprie caratteristiche meccaniche.
Le verifiche con i lavoratori che utilizzavano quotidianamente lo spogliatoio hanno permesso di accertare che, in effetti, era stato notato un rigonfiamento nel controsoffitto (descritto da alcuni come una “bolla”, da altri come una “pancia”), ma, non avendo percepito la situazione come un effettivo rischio per la propria incolumità, avevano sottovalutato la questione e, pertanto, non ne avevano dato comunicazione – almeno non formale – agli uffici preposti.
Quale nota di colore, va precisato che l’intervento di ripristino consistente nella rimozione e smaltimento del vecchio controsoffitto (che era stato posato semplicemente appendendolo con fil di ferro alle travi in legno dell’orditura principale) e dell’isolante ha comportato qualche problema in più del previsto, poiché è stato necessario far migrare altrove i volatili, accertandosi di non arrecare loro danni.
In materia di sicurezza viene da chiedersi se un caso come quello sin qui descritto possa qualificarsi semplicemente come “incidente” (evento dannoso senza conseguenza in termini di perdita di giorni lavorativi) o meglio come near miss, termine anglosassone che identifica il c.d. “infortunio mancato”, ossia un incidente (nell’accezione tecnica sopra descritta) che non si è evoluto in infortunio (evento dannoso con perdita di giorni lavorativi o, quale situazione estrema, il decesso) solo per una serie fortunosa di circostanze, in mancanza delle quali le lesioni alle persone si sarebbero verificate.
La risposta più consona è quella di considerarlo un near miss, poiché solo per un motivo casuale il controsoffitto ha raggiunto il punto di rottura in un momento temporale in cui lo spogliatoio era deserto, variabile questa assolutamente non predicibile.
Dall’analisi del caso reale si possono sicuramente trarre buoni insegnamenti.