PIANO CASA, SVILUPPO A MACCHIA DI LEOPARDO: CHI LO POTENZIA, CHI LO ABBANDONA
[A cura di: avv. Silvio Rezzonico, presidente nazionale Confappi]
Quando il provvedimento del cosiddetto “Piano Casa” è stato varato, in pochi erano pronti a scommettere sul suo successo. Soprattutto gli amministratori locali si sono dimostrati estremamente sospettosi nell’accogliere l’idea dell’allora premier, Silvio Berlusconi, di concedere agli italiani, proprietari di una casa mono o bifamiliare, la possibilità di ingrandirsi, fruendo di premi volumetrici fino al 20% e in deroga alle previsioni del piano regolatore.
Eppure, quel modo per sfatare la crisi economica, per rilanciare l’edilizia e per consentire alle famiglie di realizzare quella “stanza in più” dove fare posto a figli o nipoti ormai cresciuti o a genitori anziani, magari non autosufficienti, in qualche modo ha funzionato. Perché, a distanza di sei anni dall’intesa Stato-Regioni del marzo del 2009, che ha dato il via all’applicazione del principio nelle diverse legislazioni regionali, ci sono Giunte e Consigli, come l’Umbria, che hanno scelto – fatto un bilancio della norma – di rendere permanente il “Piano Casa” accorpandolo nel Testo Unico dell’urbanistica, mentre sono moltissimi i territori in cui, di proroga in proroga, la possibilità di ampliare case fruendo di condizioni straordinarie è ancora operativa e lo sarà per tutto il 2016. Pur con un paio di distinguo importanti: l’Emilia Romagna e la Lombardia, dove la legge sul “Piano Casa” è scaduta e non è stata più rinnovata.
Per fare un corretto esame del “come è andata” fino a oggi, occorre però entrare più nel dettaglio nelle evoluzioni che le leggi hanno avuto sui differenti territori regionali. Regole, bonus, premialità e durata temporale sono le variabili che hanno reso peculiare la disciplina di ogni Regione e che hanno portato a un “Piano Casa” non univoco nei differenti territori. A partire da un fatto. In quasi tutti i territori, le leggi originali (emanate subito dopo l’Intesa Stato-Regione del 2009) hanno subito nel tempo pesanti modifiche e riscritture. Così è avvenuto, solo per citare qualche caso, in Piemonte, in Calabria, nel Lazio o in Campania. Gli unici territori dove, stabilito il provvedimento, si è andati avanti mantenendo il testo quasi o del tutto inalterato sono la Valle d’Aosta, la Toscana e la Provincia di Trento (dove però il Piano Casa non è stato attuato in conseguenza dell’Intesa, ma era già contenuto in una norma precedente il 2009). In questa categoria rientra anche l’Emilia Romagna, dove la Legge 6/2009 arrivata alla prima scadenza è decaduta definitivamente.
Processi di revisione
Quasi ovunque, i processi di revisione delle prime versioni dei testi hanno portato a concedere maggiori opportunità per chi voleva fruire delle regole straordinarie: ad esempio, sono stati ridimensionati – come accaduto in Piemonte – gli standard energetici richiesti per poter ampliare le volumetrie oppure è stata concessa la possibilità di intervenire anche su villette a schiera e su immobili non residenziali. Rispetto alla prima versione del “Piano Casa”, inoltre, è stato semplificato l’iter dei titoli abilitativi necessari per effettuare interventi di ampliamento; è stata posta maggiore attenzione al rispetto della legislazione in materia antisismica e al divieto di effettuare gli interventi nelle aree a rischio idrogeologico così come il recupero; sono state introdotte regole che puntano sulla bonifica dall’amianto delle strutture, sull’integrazione di soluzioni fotovoltaiche e sull’uso dei materiali locali per un migliore riutilizzo del patrimonio edilizio esistente.
Grande occasione mancata del provvedimento è stata senza dubbio l’assenza nei testi di legge di una previsione che obbligasse i Comuni a comunicare alle Regioni dati precisi sull’avvenuto utilizzo delle leggi. Questo comporta, a tutt’oggi, l’assenza di un monitoraggio nazionale che consenta di tracciare un bilancio univoco del “Piano Casa”. Di certo, i numeri del successo del Piano sono stati comunque molto al di sotto delle previsioni annunciate dal Governo Berlusconi, che nel presentare l’accordo aveva parlato di 60miliardi di investimenti in arrivo in 12-18 mesi. E non c’è stato quell’effetto cementificazione paventato dagli ambientalisti.
La sensazione, più che altro, è che pur in assenza di certezze sul successo del provvedimento, le Regioni abbiano prorogato la norma di anno in anno un po’ alla cieca, cedendo anche alle sollecitazioni delle associazioni di categoria e considerando il Piano Casa come un palliativo per compensare la drastica crisi del settore edile e la scarsità di risorse per il finanziamento delle opere pubbliche.
Guardando all’orizzonte del prossimo futuro è difficile fare una previsione certa su quanto accadrà. La tendenza, comunque, pare divisa in due grandi categorie: da una parte le Regioni, in testa l’Umbria, ma così dovrebbe fare anche la Sardegna (che aveva annunciato una legge senza scadenza e solo all’ultimo ha aggiunto un termine al nuovo Piano Casa), che hanno valutato comunque positivamente gli effetti portati dalla legge e hanno deciso di integrarla a regime nella propria disciplina regionale. Dall’altra, Giunte che sull’esempio della Lombardia, arrivate all’ennesima dilazione dei tempi, lasceranno decadere il provvedimento in via definitiva.
Così nell’ultimo anno
Dopo quasi cinque mesi dalla scadenza del vecchio provvedimento è stato approvato in Sardegna il nuovo Piano Casa con la L.R. n. 8 del 15 aprile 2015, che a differenza di quanto annunciato sarà ancora una volta a durata temporale, il cui termine è fissato il 31 dicembre 2016 con una massima tutela per le zone agricole.
Anche il Molise ha varato un nuovo Piano Casa introducendo nuovi sgravi e premialità se garantito un miglioramento degli standard di efficientamento energetico, se l’ampliamento è realizzato con materiali locali tradizionali e in caso di realizzazione di interventi di miglioramento sismico. Il bonus sale ulteriormente se gli edifici ricadenti in aree dichiarate a rischio elevato ed estremamente elevato idraulico e/o frana sono interamente demoliti e ricostruiti in zona territoriale non dichiarata pericolosa.
In Umbria il Piano Casa è stato incorporato in un maxi Testo unico e diventa permanente, rendendo stabili le regole per gli ampliamenti e le demolizioni e ricostruzioni in deroga ai piani regolatori.
La Basilicata con il collegato alla legge di stabilità 2015 e la Puglia, con la L.R. 49/2014 che amplia il campo di applicazione anche agli edifici non residenziali, con una serie di piccole modifiche hanno prorogato la scadenza di un anno al 31 dicembre 2015.
Il Lazio, il cui Consiglio regionale ha approvato un testo completamente rivisto e che intende contrastare il consumo del suolo e aiutare le persone con un reddito basso a ottenere un’abitazione a condizioni favorevoli, ha posticipato la scadenza, al 31 gennaio 2017.
Sono inoltre arrivate senza modifiche ai testi le proroghe di Sicilia, Abruzzo, Toscana, Piemonte e Calabria. Mini proroga di sei mesi anche per la Liguria, il cui termine è stato fissato per il 31 dicembre 2015. Nella Marche, è stata inserita qualche novità per il recupero dei sottotetti e la scadenza è stata traslata al 31 dicembre 2016.
Anche per la Provincia Autonoma di Trento proroga di un anno dalla Lp 1/2008, precedente al Piano Casa.
Su 21 Regioni e Province autonome, il Piano casa è ancora attivo in 16. Valle d’Aosta, Umbria e la Provincia di Bolzano hanno reso strutturali i propri Piani Casa, mentre in Emilia Romagna e in Lombardia non è stato rinnovato.