[A cura di: REbuild] La demolizione selettiva (strip-out) è basata su attività sequenziali, attentamente pianificate, che separano e ordinano i materiali che costituiscono un edificio. Oggi ha un costo, ma in un ottica di economia circolare è l’unica soluzione che può dare valore alla demolizione e nel contempo aiutare a prendere consapevolezza che le future costruzioni dovranno tener conto della decostruzione, a fine vita dell’immobile. L’Europa (2018/851/UE) chiede agli stati membri di adottare misure atte a promuovere lo strip-out. In Trentino, già nel 2015, nella legge provinciale per il governo del territorio si accenna all’importanza di limitare il consumo di suolo.
La demolizione selettiva apporta degli indubbi vantaggi, sia dal punto di vista ambientale, perché permette di recuperare parti e componenti riciclabili o riutilizzabili con conseguente minor quantitativo di materiale da confluire in discarica, sia dal punto di vista economico, in quanto il riuso consente di limitare l’utilizzo di nuove materie prime e perciò il risparmio dell’energia necessaria a produrle. Altro aspetto non trascurabile è la sicurezza: entrare alla cieca e abbattere senza conoscere a fondo le componenti di un edificio può essere rischioso; ci possono, infatti, essere componenti che durante la demolizione innescano esplosioni o possono essere rilasciate nell’atmosfera sostanze chimiche pericolose.
Se n’è parlato nei giorni scorsi durante l’evento organizzato da REbuild con Ecoopera al Centro Congressi di Riva del Garda, sottolineando che lo strip-out dovrà, sempre più, sostituirsi alla demolizione tradizionale, anche perché lo chiede l’Europa che appunto con la Direttiva 851 del 2018 sollecita gli stati membri ad adottare misure atte a promuovere lo strip-out.
Il Veneto si è già attivato con una legge, approvata proprio nelle scorse settimane, rispetto alla quale Angiola Turella, direttore Servizio urbanistica e tutela del paesaggio della Pat, rileva un sostanziale allineamento con la legge provinciale per il governo del territorio approvata nella precedente legislatura. Legge che, ha ricordato Turella, pone attenzione al recupero del patrimonio, incentivato attraverso tutta una serie di meccanismi premianti, e alla riqualificazione edilizia e urbanistica, nonché al riconoscimento dell’importanza di valorizzare il paesaggio anche attraverso la riduzione del consumo di suolo.
L’edilizia che guarda la futuro non può esimersi dal mettere al centro una progettazione degli edifici che sappia tenere conto del disassemblaggio a fine vita degli stessi. “Il disassemblaggio smart dell’edificio e non la sua demolizione sono l’unica ragionevole, razionale, sostenibile alternativa praticabile dall’edilizia 4.0 – ha commentato Matteo Zanella, direttore tecnico dell’Area recuperi ambientali di Ecoopera –. Una soluzione che dovrà essere sempre più orientata a realizzare nuove costruzioni, progettate con materiali durevoli a zero impatto e messe in opera in modo da facilitarne lo smontaggio a fine vita”.
Questa nuova fase economica orientata all’economia circolare e alla sostenibilità richiede nuovi modelli costruttivi e un nuovo modo di progettare lo spazio. “È una fase centrale e delicata per impostare i fondamentali di una nuova economia del costruito – ha affermato Thomas Miorin, presidente di REbuild – . In questo momento è basilare che ci sia un’impostazione legislativa capace di indirizzare e di incentivare gli operatori, in modo chiaro, verso un miglioramento della qualità del costruito e delle nostre città; questo passa anche dall’adozione di nuove pratiche come la demolizione selettiva”.