Tre Regioni italiane su quattro non sono ancora in linea con quanto previsto dal Governo per l’adozione del Regolamento edilizio tipo.
A denunciarlo è l’ing. Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA, che ricorda come
i termini per adeguare la normativa locale sono scaduti da oltre sei mesi, ma finora solo Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria e Puglia hanno effettivamente prodotto interventi normativi in materia, dando contestualmente avvio al periodo della durata massima di 180 giorni entro il quale i Comuni di appartenenza devono provvedere a fare altrettanto. Per il resto, si muove ben poco. Anche perché non avere previsto sanzioni o poteri sostitutivi a livello nazionale si è ovviamente rivelata una scelta poco lungimirante, visto che solleva di fatto le amministrazioni locali da qualsiasi obbligo.
Al contrario, il docente evidenzia quanto sarebbe importante disporre di un regolamento possibilmente uniforme in tutta Italia:
Servirebbe anche nell’ottica di attirare investimenti dall’estero e di ridare ossigeno a un settore tra i più colpiti dalla crisi decennale che ha investito il nostro Paese. In particolare, l’adozione di definizioni urbanistiche ed edilizie comuni risulterebbe vitale per semplificare e snellire una burocrazia spesso incomprensibile e paradossale: nel 2017 non ha senso che con espressioni come superficie o edificio si possano indicare cose diverse a seconda di dove ci si trova. Già il fatto di avere eliminato l’obbligatorietà di seguire le nuove norme per le Regioni a statuto speciale ha depotenziato il provvedimento. Si è poi pensato – prosegue Simoncini – di dare libertà ai Comuni di recepire il regolamento tipo anche qualora la Regione di riferimento non lo abbia fatto, ma ci si è poi dimenticati di predisporre una misura cogente nel caso in cui né una Regione né i suoi Comuni abbiano intenzione di adeguarsi alla norma nazionale. Un buco normativo quantomeno sospetto.