Consumo di suolo e sicurezza degli edifici (e degli stabili condominiali). Due argomenti che vanno a braccetto quelli affrontati dal professor Sandro Simoncini (nella foto), docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma, che è partito dal secondo aspetto: “Dopo mesi di incertezze e tentennamenti, il Governo ha finalmente deciso di rilanciare il progetto Casa Italia per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio del Paese. Le parole del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, vanno considerate come un impegno solenne di fronte a tutti i cittadini: dalla fase emergenziale si deve necessariamente passare a quella della programmazione, della prevenzione e della messa in sicurezza. Ciò che fu fatto per la Protezione Civile dopo le tragedie del Friuli e dell’Irpinia è un’operazione che può e deve essere ripetuta”.
Un piccolo sospiro di sollievo, dunque: “Lo stallo istituzionale e operativo seguito al referendum di dicembre aveva fatto temere che l’idea di Casa Italia finisse tristemente lungo un binario morto – continua Simoncini -. C’è invece bisogno non solo che questo progetto prenda una forma concreta nel più breve tempo possibile, ma che gli venga data una prospettiva di vita di lungo periodo. Un effettivo cambio di passo nell’approccio alle criticità urbanistiche e abitative del nostro territorio passa necessariamente attraverso l’istituzionalizzazione di una tale struttura, in modo che essa sia parte integrante anche degli Esecutivi che si succederanno dopo quello attuale”.
Peraltro, almeno sulla carta, l’Italia vanta le professionalità necessarie per fare centro: “In Italia – puntualizza ancora il docente – ci sono competenze tecniche e scientifiche per creare una macchina efficiente, a patto che essa possa contare sia su un supporto legislativo valido e coerente sia su adeguate risorse finanziarie. Per portare a termine un primo ciclo degli interventi più stringenti non si può pensare di mettere in campo meno di 15-20 miliardi di euro, una cifra possibilmente da stanziare in un arco temporale il più possibile contenuto. E, per fare ciò, la strada maestra da percorrere sarebbe quella di una deroga ai vincoli di stabilità imposti dalle normative europee. Il Governo deve mostrarsi assai risoluto su questo fronte e Bruxelles altrettanto ragionevole”.
Al tempo stesso, tuttavia, occorre concentrarsi sulla prevenzione, e su tale versante il giudizio di Simoncini è decisamente più severo: “Nemmeno le tragedie in serie che hanno colpito l’Italia negli ultimi mesi sono servite ad accelerare l’iter del disegno di legge per il contenimento del consumo di suolo, presentato ormai più di mille giorni fa. Dopo l’approvazione da parte della Camera nel maggio scorso, il testo è stato preso in carico dalle commissioni Ambiente e Agricoltura del Senato, i cui lavori, però, si sono di fatto arenati dopo una prima fase di dibattito vivace e incoraggiante: nel 2017, a parte qualche audizione informale di scarsa rilevanza, l’attività sul provvedimento è stata pressoché inesistente”.
Secondo Simoncini, anche in questo caso, ma in misura più determinante le responsabilità sarebbero almeno in parte da imputare al referendum costituzionale: “Non c’è dubbio che il suo esito abbia finito per condizionare pesantemente l’attività parlamentare, togliendo ulteriore ossigeno a interventi legislativi che non hanno mai goduto di grande salute. Certo, il testo sul consumo di suolo licenziato alla Camera non conteneva elementi tali da imprimere quel necessario cambio di passo in materia, ma poteva almeno costituire una discreta base di partenza da arricchire e migliorare in Senato. Ora, però, si rischia di andare verso una estenuante campagna elettorale permanente, con tutte le forze politiche eccessivamente distratte da ciò che accade al di fuori delle sedi istituzionali. Quanto sia necessaria una legge nazionale che contrasti la cementificazione e dia priorità assoluta a tutela ambientale e rigenerazione urbana lo si capisce anche esaminando gli interventi legislativi delle singole regioni. Quelle poche che hanno scelto di dotarsi di una normativa ad hoc hanno finito per svilire il provvedimento con eccessive deroghe, ad esempio il Veneto; oppure, paradossalmente, hanno creato problemi a quei Comuni che nei propri territori avevano operato scelte decisamente più coraggiose e radicali, come accaduto in diversi casi in Lombardia. Con un territorio come quello italiano, che presenta elevatissime criticità sismiche e idrogeologiche, concludere l’attuale legislatura varando una efficace legge contro il consumo del suolo dovrebbe costituire non solo una priorità ma anche un dovere morale”.