Parola d’ordine: prevenzione. Sia che si tratti di danni causati dagli eventi sismici, sia che si stia parlando di dissesto idrogeologico generato più o meno direttamente da un eccessivo consumo di suolo.
“La cifra impiegata per le ricostruzioni post-evento dei terremoti che hanno colpito l’Italia negli ultimi 50 anni supera i 150 miliardi. Tali risorse, utilizzate per la prevenzione, avrebbero evitato o limitato le tragedie segnate da pesantissime perdite in vite umane, oltre che da sconvolgimenti sociali a lungo termine, spesso poco considerati e difficilmente risanabili”.
Con queste parole il presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Arcangelo Francesco Violo, traccia un bilancio degli ultimi 40 anni, da quando quella sera del 23 novembre 1980 l’Italia centro meridionale fu devastata da un forte terremoto.
“Oggi possiamo dire che il progresso delle conoscenze tecnico-scientifiche ha portato ad un approccio decisamente più aderente alla reale fragilità sismica del territorio – prosegue Violo – ma resta ancora molto da fare nell’attuazione delle procedure di mappatura della pericolosità sismica e conoscenza geologica di base. È dunque indispensabile individuare e programmare azioni concrete affinché le competenze dei professionisti tecnici italiani ed il progresso delle conoscenze scientifiche possano tradursi in una serie di efficaci politiche di prevenzione del rischio sismico. Tali azioni non possono prescindere da un approccio multidisciplinare, in cui la componente geologica riveste un ruolo fondamentale” conclude il Presidente.
Il catastrofico terremoto, che il 23 novembre 1980 devastò larga parte dell’Italia meridionale, si aggiungeva ad una dolorosa serie di eventi disastrosi:
“Il violento sisma dell’Irpinia mise ulteriormente (e drammaticamente) in evidenza la fragilità del territorio italiano, altamente esposto ai rischi geologici naturali e/o indotti – afferma Valerio Agnesi, presidente Associazione Italiana di Geografia fisica e Geomorfologia -. La grande diffusione di fenomeni franosi causati dal terremoto, inoltre, consentì di avviare studi sistematici sugli effetti geologici di superficie di un evento sismico, grazie anche al supporto del CNR che, tramite i Progetti finalizzati (e in particolare il sotto progetto fenomeni franosi), mise a disposizione dei ricercatori fondi e strutture di ricerca. Un terremoto che fu importante per i risultati raggiunti che “costituirono un sensibile avanzamento delle conoscenze scientifiche, confermando, tra l’altro, l’importanza di una corretta lettura degli elementi geomorfologici di un territorio, al fine dell’acquisizione di tutti quei parametri necessari per la realizzazione di modelli previsionali del rischio sismico” aggiunge.
Fu una strage che, oltre a provocare 2.914 vittime e circa 9.000 feriti, mise in evidenza il gravissimo ritardo della macchina dei soccorsi, tardivi e insufficienti, come denunciò il titolo emblematico de Il Mattino di Napoli: ‘Fate Presto’.
“Dal 1980 grandi passi in avanti sono stati compiuti verso una più profonda comprensione dei fenomeni sismici – afferma Domenico Calcaterra, presidente Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale -. Tuttavia, in attesa di modelli previsionali più efficaci, la difesa del Paese dai terremoti (così come dagli altri rischi naturali) passa attraverso idonee misure di prevenzione“. Per raggiungere il fine di una corretta prevenzione e incrementare la cultura geologica del nostro Paese, la “formazione, informazione e divulgazione sono pilastri di un’azione integrata volta all’incremento della resilienza sociale che, ovviamente, passa anche attraverso la messa in sicurezza del patrimonio edilizio, delle infrastrutture e del patrimonio storico-architettonico”, sottolinea Calcaterra.
Con una lettera, il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio sollecita l’intervento della Senatrice Casellati e dell’Onorevole Fico per far giungere la loro voce istituzionale e l’indiscutibile peso della loro autorità per chiedere al Parlamento di riprendere e completare l’iter relativo al Disegno di Legge AS 164 e AC 63 “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”. Iter interrotto non solo a causa dell’emergenza pandemica, e giunto ormai ad un punto di estrema emergenza ecosistemica che impone un impegno preciso da parte del Parlamento per interpretare correttamente le sfide da opporre alle crisi che il nostro tempo sta conoscendo – sociali, sanitarie, climatiche, ambientali, economiche – e i cambiamenti indispensabili cui i nostri modelli sociali dovranno conformarsi.
Di seguito, i passaggi salienti della lettera, a firma di Alessandro Mortarino e Federico Sandrone.
Illustrissimi Presidenti,
vogliamo richiedere – sia all’On. Fico e sia alla Presidente del Senato della Repubblica, Sen. Casellati – di sollecitare il Parlamento a voler riprendere e completare anche l’iter relativo al Disegno di Legge AS 164 e AC 63 “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”.
Tale DdL è stato elaborato da un Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico formato da 75 massimi Esperti multidisciplinari riuniti all’interno del Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio/Salviamo il Paesaggio (Rete nazionale formata da oltre 1.000 organizzazioni e decine di migliaia di persone a livello individuale).
Sottoposto alle valutazioni di tutte le forze politiche nel febbraio 2018, il testo è stato presentato come Proposta di Legge alla Camera (rubricata AC 63, a prima firma dell’On. Federica Daga) e al Senato (rubricata AS 164, a prima firma della Sen. Paola Nugnes) il 23 marzo 2018, giorno dell’insediamento dei due rami del Parlamento e, successivamente, incardinato in Commissioni congiunte Ambiente e Agricoltura al Senato.
Nel corso degli anni la Commissione ha ospitato in audizione i rappresentanti di circa 100 realtà competenti in materia (nell’ambito della Ricerca scientifica, accademica e statistica, delle professioni, delle forze datoriali, delle organizzazioni agricole e delle associazioni dedite alla tutela ambientale) e da più di un anno avrebbe dovuto formulare un definitivo testo normativo unificato da sottoporre al dibattito finale del Parlamento per l’approvazione.
L’iter si è però interrotto, non solo a causa dell’emergenza pandemica, e riteniamo che solo un forte monito da parte dei Presidenti delle Camere, che rappresentano il sovrano Legislatore nella nostra Repubblica, possa richiamare l’urgenza di sbloccare l’iter inopinatamente interrotto e dare, finalmente, una norma efficace ed esaustiva che, se approvata, consentirebbe di arrestare il fenomeno del consumo di suolo nel nostro Paese e al medesimo tempo orienterebbe l’intero comparto edilizio (prezioso per l’intero PIL nazionale) a rivolgere le sue chances di sviluppo al recupero e al riuso del vasto stock immobiliare già esistente e inutilizzato (secondo l’Istat oltre 7 milioni di abitazioni vuote/sfitte, 700 mila capannoni dismessi, 500 mila negozi definitivamente chiusi …).
Il consumo di suolo rappresenta un’emergenza ecosistemica, fortemente correlata al fenomeno del cambiamento climatico, e la necessaria inversione di tendenza è una delle principali sfide di modernizzazione per l’Italia e l’Europa intera, come evidenziato dal Green Deal e la Next Generation EU, ed è al centro della consultazione che la Commissione Europea ha aperto a tutti i cittadini degli Stati membri per aggiornare la “Strategia tematica per la protezione del suolo” nel quadro della “Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030”.
Occorre, dunque, un impegno preciso da parte del Parlamento per interpretare correttamente le sfide da opporre alle crisi che il nostro tempo sta conoscendo – sociali, sanitarie, climatiche, ambientali, economiche – e i cambiamenti indispensabili cui i nostri modelli sociali dovranno conformarsi”.