[A cura di: Monica Panetto – Università di Padova]
Concepire (e gestire) le discariche di rifiuti come fossero miniere di risorse “preziose”. È questo, in sintesi, l’obiettivo del programma New-Mine – EU Training network for resource recovery through enhanced landfill mining, recentemente finanziato dalla Commissione europea e frutto di un consorzio di cui anche l’università di Padova fa parte. Si tratta di un progetto che sta già movendo i primi passi con il reclutamento di 15 dottorandi (domanda da presentare entro il 30 luglio 2016), che saranno impiegati in ambito aziendale o accademico. A Padova, nello specifico, è stato assegnato un finanziamento di circa 258.000 euro per sostenere i costi di una borsa di studio e lavorare allo sviluppo di materiali composti dagli scarti del vetro proveniente dai rifiuti (Waste-derived glass-ceramic products with novel functionalities).
L’argomento è di quelli su cui si insiste da tempo. Nell’Unione Europea, stando ai dati forniti nel settimo programma di azione per l’ambiente, vengono prodotti ogni anno 2,7 miliardi di tonnellate di rifiuti, e di questi 98 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi. In media il 40% dei rifiuti solidi vengono riciclati o preparati per il riutilizzo, anche se in alcuni Paesi si riesce a raggiungere il 70%, segno che una gestione migliore è possibile. Allo stesso tempo, però, in molti Stati, il 75% dei rifiuti urbani finisce nelle discariche.
INEFFICIENZA
“La piena attuazione della legislazione dell’Unione sui rifiuti – sottolinea il documento – consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di euro l’anno, di aumentare il fatturato annuo dell’Unione di 42 miliardi di euro nel settore della gestione e del riciclaggio dei rifiuti e di creare oltre 400.000 posti di lavoro entro il 2020”. Invece l’economia europea attualmente perde ancora una notevole quantità di materie prime come metalli, legno, vetro, carta, plastica che si potrebbero recuperare dai rifiuti. Il settimo programma di azione per l’ambiente sottolinea pertanto la necessità di trasformare i rifiuti in risorsa, di diminuire entro il 2020 la produzione di rifiuti in termini assoluti e pro-capite, di limitare le discariche ai rifiuti non riciclabili e non recuperabili.
IL PROGETTO
In questo contesto ha la sua ragion d’essere il progetto New-Mine che parte da alcune considerazioni. È stato valutato innanzitutto che nell’Unione europea le discariche siano più di 500.000: l’80% contiene rifiuti solidi urbani, il resto rifiuti industriali. Per il 90% si tratta di discariche poco salubri, spesso carenti di qualsiasi tipo di tecnologia di protezione ambientale, e in futuro potrebbero richiedere costosi trattamenti di risanamento. Qui s’inserisce il consorzio europeo. “Nelle discariche di rifiuti solidi urbani di cui ci occuperemo – illustra Enrico Bernardo del dipartimento di Ingegneria industriale, referente del progetto per Padova in collaborazione con Carlo Pellegrino del dipartimento di Ingegneria civile edile e ambientale – finiscono materiali organici, metalli e materiali non metallici. Scopo del progetto è realizzare una filiera di tecnologie e procedure in grado di gestire le varie tipologie di rifiuto, contribuendo in questo modo a svuotare le discariche. Ciò che proponiamo non è di migliorare le discariche, ma di bonificarle”.
Il progetto, nello specifico, prevede lo sviluppo di tecnologie per il trattamento termochimico dei rifiuti che, attraverso processi ecosostenibili, consentirà di separare la parte organica dal resto e di convertirla in gas combustibile analogo al naturale. Ci si dedicherà inoltre all’elaborazione di tecniche di estrazione dei metalli, ferrosi e non ferrosi, che poi verranno raffinati e riprocessati.
L’UNIVERSITÀ
“L’Università di Padova – spiega Bernardo – è attiva nella parte terminale del progetto, cioè nella valorizzazione del rifiuto non ulteriormente riutilizzabile”. I processi termochimici previsti infatti (come la gassificazione per riscaldamento con torcia al plasma) lasciano come sottoprodotto materiale vetroso noto come “plasmastone” o “ceneri” ricche in silice. Ebbene, il gruppo di Bernardo da tale sottoprodotto eventualmente miscelato anche con altri scarti, come vetro riciclato, realizza nuovi materiali utili soprattutto per l’edilizia. Nell’ambito del progetto gli scienziati padovani lavoreranno in particolare alla realizzazione di materiali cellulari a base vetrosa o vetroceramica e di schiume di vetro da utilizzare nell’isolamento termico e acustico degli edifici. “Si tratta di materiali molto resistenti dal punto di vista meccanico e chimico – sottolinea il docente, soffermandosi su alcune proprietà tecniche di questi prodotti -. Possono essere utilizzati come pannelli isolanti, ma possono essere impiegati anche al posto della ghiaia nel calcestruzzo, rendendolo in questo modo più leggero e termicamente isolante”.
Da anni il gruppo padovano lavora in questa direzione e alla ricerca ha affiancato anche la consulenza aziendale. Alle spalle un progetto europeo appena concluso, GlaCERCo – ITN, Glass and Ceramic Composites for High Technology Applications – Initial Training Network) a cui hanno contribuito con le competenze sviluppate nel settore, e uno in itinere CoACH – Advanced glasses, Composites And Ceramics for High growth Industries European Training Network.