[A cura di: avvocato Ermenegildo Mario Appiano – segretario Alac
Torino]
Mediante sentenza del 26 novembre 2015 (in causa n. 05482/2015 Reg.
Prov. Coll., n. 00816/2015 Reg. Ric.), la quinta sezione del Tar di Napoli ha
annullato l’ordinanza con cui il Sindaco del Comune di Scisciano (in provincia
di Napoli) aveva ordinato alla società che gestisce il servizio idrico su detto
territorio di non procedere per motivi sanitari e fino a nuova disposizione, al
distacco dei contatori idrici e alla sospensione dell’erogazione dell’acqua
potabile su tutto il territorio comunale, condotta che detta società intendeva
attuare avverso i soggetti morosi – e soltanto essi! – nel pagamento di quanto
dovuto per l’erogazione dell’acqua potabile.
In sostanza, il Tar della Campania ha chiuso la strada
all’adozione di provvedimenti amministrativi generalizzati e generici in favore
dei soggetti morosi nel pagamento di quanto dovuto per il servizio di
somministrazione dell’acqua potabile, demandando invece alle autorità
amministrative di valutare adeguatamente – caso per caso – chi siano i reali
indigenti che possano beneficiare di detto servizio in base ad agevolazioni
pubbliche.
Nel motivare la propria decisione, il Tribunale amministrativo regionale
ha innanzitutto qualificato il rapporto tra gli utenti e la società gestrice
del servizio idrico come “contratto di somministrazione”, ai sensi
dell’art. 1559 del codice civile. Secondo tale norma, il contratto di
somministrazione è l’accordo “con il quale una parte si obbliga, verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni
periodiche o continuative di cose”.
Il Tar ha poi ricordato che il successivo art. 1565 c.c. dispone che:
“se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e
l’inadempimento è di lieve entità, il somministrante non può sospendere
l’esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso”. Di conseguenza,
ha facilmente osservato il Tar, “dalla disposizione in questione si deduce a
contrario che, in caso di inadempimento di non lieve entità, il somministrante
può sospendere l’esecuzione del contratto, fatto salvo in ogni caso l’obbligo
del congruo preavviso alla parte inadempiente”.
Ciò posto circa la qualificazione del rapporto civilistico tra le
parti, il Tar ha poi proseguito il proprio ragionamento rilevando che la carta
del servizio idrico integrato della Regione Campania prevede espressamente che
“in caso di morosità è prevista la sospensione del servizio”, fermo
restando l’obbligo del gestore di sollecitare il cliente a regolarizzare i
pagamenti prima di procedere alla sospensione dell’erogazione dell’acqua.
Considerato dunque che il chiudere i rubinetti ai morosi costituisce
una legittima reazione sul piano civilistico da parte della società erogatrice
del servizio idrico, il Tar ha poi escluso che il Comune interessato possa
intervenire per bloccare tale reazione mediante il provvedimento amministrativo
impugnato, e cioè un’ordinanza “contingibile ed urgente”. Ciò in quanto
siffatto tipo di ordinanze “costituiscono provvedimenti «extra ordinem», in
quanto dotate di capacità derogatoria dell’ordinamento giuridico, al fine di
consentire alla pubblica amministrazione, in deroga al principio di tipicità
dei provvedimenti amministrativi, di sopperire a situazioni straordinarie ed
urgenti non fronteggiabili con l’uso dei poteri ordinari.
Per costante giurisprudenza, presupposti indefettibili delle ordinanze
contingibili ed urgenti sono costituiti:
a) dall’impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in
relazione alla ragionevole previsione di un danno incombente (urgenza);
b) dall’impossibilità di far fronte alla situazione di pericolo
incombente con gli ordinari mezzi offerti dall’ordinamento giuridico
(contingibilità);
c) dalla precisa indicazione del limite temporale di efficacia, in
quanto solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti «extra
ordinem», che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con
mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge”.
Nel caso di specie, il Tar ha quindi escluso che il Comune potesse
legittimamente ricorrere a tale tipo di provvedimento, in quanto – leggendo il
testo della motivazione suffragante l’adozione dell’ordinanza annullata – “non
si rinviene nel provvedimento impugnato né il requisito della contingibilità,
non dandosi atto nel provvedimento impugnato della impossibilità di tutelare le
esigenze la salute pubblica dei soggetti morosi-indigenti attraverso il ricorso
alle risorse strumentali e finanziarie proprie dei Comuni (per il tramite dei
servizi sociali), né il requisito della temporaneità, non contenendo l’ordine
impartito nei confronti del gestore del servizio idrico la fissazione di un
termine finale”.
Ancora, ha rilevato il Tribunale, nella fattispecie emergeva la
sussistenza di strumenti amministrativi, alternativi rispetto alla misura
adottata, per fronteggiare l’emergenza sanitaria posta alla base del
provvedimento impugnato. Essi erano costituiti dalla delibera mediante la quale
il Commissario straordinario dell’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano (di cui fa
parte anche il Comune di Scisciano) aveva concesso – confermando una misura già
disposta nel 2014 – agevolazioni tariffarie (cosiddetto “bonus idrico”) in
favore delle famiglie indigenti residenti nei Comuni ove veniva erogato il
servizio idrico oggetto di controversia.
Così decidendo, il Tar ha dunque ritenuto infondata
la motivazione che il Sindaco del Comune di Scisciano aveva fornito a sostegno
dell’ordinanza annullata, il quale – dopo avere premesso che “l’acqua
potabile è un bene pubblico comune, di primaria necessità, di cui non può, per
alcun motivo, esserne vietato ed impedito l’uso e il consumo da parte delle
persone” – aveva emanato detto provvedimento al fine di evitare “l’eventuale,
possibile insorgenza di problematiche di natura igienico-sanitaria”.