Adolescente uccisa dal portoncino condominiale: amministratore innocente
[A cura di: avv. Tania Rizzo – Appc] Con un cambio di rotta di notevole portata, il Tribunale di Torino, sezione prima penale, sentenza di merito del 30.09.2015, ha indicato nuove vie per motivare la decisione assolutoria in capo a due amministratori condominiali, imputati per il reato di omicidio colposo.
Il caso è quello della morte di un’adolescente, colpita da un frammento di vetro di un portoncino condominiale. La Procura di Torino aveva contestato ai due amministratori, quello in carica e il suo predecessore, sia la colpa generica per l’omicidio colposo ma anche la violazione specifica delle norme UNI 7679, perché i due imputati avevano l’obbligo di sostituire il vetro ricotto del portoncino e farne montare uno di sicurezza, e del T.U. in materia di sicurezza del lavoro, perché avevano l’obbligo connesso al contratto di appalto o d’opera o di somministrazione inerente l’attività dei lavoratori che avevano montato quel vetro.
Per quanto concerne il profilo della violazione delle Norme UNI 7679, Il Giudice di merito ha effettuato una disamina delle stesse, giungendo alla conclusione che non hanno natura obbligatoria, essendo non prescrizioni di legge, ma prescrizioni raccomandative senza forza cogente. Inoltre, riferendosi alla Direttiva 2011/95/CE del parlamento Europeo sulla sicurezza dei prodotti destinatati ai consumatori, il Giudice ha affermato che i destinatari sono i produttori e i distributori che fabbricano o commercializzano i prodotti, ma non certamente gli amministratori di condominio, chiamati ad altre posizioni di custodia e garanzia.
Per quanto riguarda, poi, le norme sulla sicurezza del lavoro, il Tribunale di Torino, riferendosi alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 9616 del 14.09.1995, ha evidenziato che i precetti indicati dal D. Lgs. 81/2008 devono trovare attuazione con riferimento a tutte le attività nelle quali siano addetti lavoratori subordinati o equiparati e, quindi, nel caso del condominio, tali precetti trovano applicazione solo nell’ipotesi in cui il condomino si avvale dell’opera di lavoratori subordinati o equiparati i quali, tuttavia, nel caso di specie, non esistevano.
Infine, in ordine alla previsione di colpa generica, il Tribunale di Torino giunge ad una assoluzione, ritenendo, i due amministratori, tenuti ad una posizione di protezione, diretta a preservare i diritti dei condòmini inerenti le parti comuni e l’integrità dell’edificio condominiale da tutti i pericoli che possono minacciarne l’integrità, e non, invece, tenuti a una posizione di controllo, diretta a neutralizzare le fonti di pericolo in modo da garantire l’integrità di tutti i beni giuridici che possono essere minacciati; quindi, scrive il Giudice di merito sul caso affrontato, i due amministratori non erano sottoposti all’obbligo di sostituire la lastra di vetro cotto che, fatalmente infranta, ha poi determinato la morte della ragazza.
Tale ragionamento giurisprudenziale, segna una novità rispetto la (quasi) costante indicazione della Suprema Corte, per la quale l’amministratore rivesta una posizione di garanzia a cui si applica la regola ex art. 40 c.p., comportante il dovere cautelare permanente di rimuovere ogni pericolo, anche preesistente, per i condomini e per tutti gli altri utenti del condominio e degli spazi adiacenti al fabbricato.
Proprio in tema di lesioni e omicidio colposo (artt. 589 e 590 c.p. ) il Giudice di legittimità, in relazione ai danni provocati a terzi o ai condòmini da violazione degli obblighi di garanzia e protezione, ha delineato, con pronunce successive ed ormai consolidate nel tempo, il contenuto e i limiti dei doveri dell’amministratore di condominio.
Ritiene la Suprema Corte che, ai sensi dell’ art. 40, comma 2, c.p., secondo cui: “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”, gravi sull’amministratore il dovere di attivarsi per evitare danni ai terzi in quei casi tristemente tipici del distacco di cornicioni o intonaco o di “pericolosità” delle scale, degli impianti elettrici come delle cose comuni in genere. L’obbligo di attivarsi in capo all’amministratore, quindi, indicato da tale giurisprudenza di legittimità, può non essere subordinato alla preventiva deliberazione assembleare ma configurarsi anche con semplice segnalazione di pericolo tale da rendere opportuno, se non necessario, un intervento di urgenza, collegandosi all’art. 1130 c.c., che fa riferimento ad altro obbligo dell’amministratore di effettuare le opere di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza, salvo successiva informativa all’assemblea (Cass. 6 settembre 2012 n. 34147; conforme, tra le altre, Cass. Sez VI, n. 46385 del 23.11.2015).
L’intervento urgente dell’amministratore, inoltre, può avere una natura non solo ripristinatoria ma anche natura di “contenimento del pericolo”, attraverso la sua segnalazione con transennamento o speciale illuminazione o anche attraverso la rimozione di elementi immediatamente pericolosi per la salute pubblica, e non può trincerarsi dietro l’immobilismo dei condòmini.
In altro caso, pur datato nel tempo ma antesignano di questo modello decisorio costante nel tempo, un anziano signore aveva subito lesioni cadendo su un tombino condominiale posto all’ingresso di una farmacia ubicata in quello stabile. L’amministratore veniva condannato per il reato di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e i Giudici di legittimità confermavano la condanna ritenendo che non può mettersi in discussione che l’amministratore del condominio rivesta una specifica posizione di garanzia, gravando l’obbligo ex art. 40 cpv. cod. pen. di attivarsi al fine dl rimuovere la situazione di pericolo anche per l’incolumità del terzi ( Cass. Sez. III n.4676/1975).
Di tutta evidenza, quindi, come l’assoluzione decisa nel merito dal Tribunale di Torino, pure essendo un giudicato non definitivo, tuttavia, sancisca l’abbandono di ogni automatismo fattuale e un maggiore garantismo nella verifica e nell’accertamento giurisprudenziale della reale e concreta condotta dell’amministratore condominiale e del suo rapporto normativo con l’assemblea condominiale, con i singoli condòmini, con eventuali lavoratori subordinati e, infine, con tutti i fruitori delle parti comuni del condominio stesso.