[A cura di: avv. Giuliana Bartiromo – Centro studi nazionale Appc]
Recentemente il Tribunale ordinario di Cagliari con l’ordinanza del 22 luglio 2016 ha riproposto uno dei temi più accesi in condominio, quello della detenzione di animali e la distinzione tra regolamento assembleare e contrattuale.
In particolare, un condomino proponeva ricorso ex art. 702 cpc per sentire dichiarata la nullità di un articolo del regolamento di condominio che vietava di tenere animali domestici. Tale ricorso veniva fondato sulla disposizione contenuta nell’art. 1138 c.c. ultimo comma, modificata a seguito della L. 220/2012 di riforma del condominio, in base alla quale le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.
Il condominio costituitosi sosteneva ovviamente la natura contrattuale del regolamento condominiale, predisposto dall’originario unico costruttore, accettato da tutti i proprietari e richiamato in ogni atto di acquisto dai singoli acquirenti eccependo, pertanto, che l’art. 1138 c.c., modificato dall’innovazione introdotta dalla legge di riforma, riguardasse esclusivamente i regolamenti assembleari, ossia quelli assunti a maggioranza.
Ebbene, il tribunale di Cagliari ha accolto il ricorso del condomino, ritenendo che la clausola del regolamento sia affetta da nullità sopravvenuta, conseguente all’introduzione della L. 220/2012 che ha modificato, tra le altre disposizioni, anche l’art. 1138 c.c. a mente del quale “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”
Il tribunale specifica che la norma contenuta nel regolamento condominiale risulta contraria ai principi di ordine pubblico e del diritto europeo che tende invece a valorizzare il rapporto uomo-animale. Si fa riferimento nell’ordinanza al diritto di visita in carcere al cane del detenuto, in quanto membro della famiglia o al diritto di visita in ospedale al cane del paziente ricoverato, atteso che il rapporto uomo-animale realizza l’intera personalità umana.
L’ordinanza fa espresso richiamo anche alla legge quadro in materia di animali da affezione e prevenzione al randagismo, ossia la L. 281/1991 (la stessa che fu utilizzata dal Tribunale di Milano nel 2009 che aveva respinto il ricorso di un gruppo di proprietari verso una condomina amante dei gatti che dava cibo ai gatti randagi ed aveva creato per di più dei rifugi per gli stessi nelle parti comuni del condominio).
A livello europeo viene richiamata la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia firmata a Strasburgo il 13.11.1987 e ratificata ed eseguita in Italia con la Legge 201/2010 nella quale viene sancito l’obbligo morale dell’uomo di rispettare tutte le creature viventi compresa l’importanza degli animali da compagnia ed il loro valore per la società e per l’uomo ed il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ratificato con legge 130/2008, nonché il nuovo Codice della Strada che ha disposto l’obbligo di fermarsi a soccorrere l’animale ferito in caso di incidente.
L’ordinanza del Tribunale di Cagliari, in pratica, estende la disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. a tutti i regolamenti assembleari e contrattuali, stabilendo che è pur vero che l’art. 1138 c.c. detta le norme per l’adozione dei regolamenti c.d. assembleari, tuttavia nella norma non v’è alcuna indicazione alla natura del regolamento e pertanto è valevole per qualsiasi regolamento, indipendentemente dalla fonte.
Pertanto, il Tribunale di Cagliari ha dichiarato la nullità della clausola che vietava la detenzione di animali nel regolamento condominiale contrattuale ed ha condannato il condominio alle spese di giudizio.
I REGOLAMENTI
Questa pronuncia si configura di certo come una novità rispetto alla scolastica e consolidata differenza tra regolamento assembleare approvato a maggioranza dai condòmini, modificabile a maggioranza e che non può limitare, ma si limita a regolare e che non può privare nessun condomino dei diritti che la legge gli riconosce rispetto al regolamento di natura contrattuale, predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio e trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale, vincolando tutti i successivi acquirenti, non solo per le clausole che disciplinano l’uso di godimento di servizi delle parti comuni, ma anche per quelle che limitano il potere e le facoltà dei singoli condòmini sulle loro proprietà esclusive.
Il regolamento contrattuale, essendo un contratto tra le parti, ha un contenuto “libero” salvo che le pattuizioni riguardino diritti liberamente disponibili e siano meritevoli di tutela e può limitare, pregiudicare o ridurre i diritti e le facoltà spettanti ai singoli, ai quali possono essere imposti anche obblighi non spettanti dalla legge.
QUALE NOVITÀ
Questa pronuncia destabilizza di certo tutte le convinzioni e le differenze tra regolamenti assembleari e contrattuali, tant’è che a proposito dell’introduzione della legge di riforma, all’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. non era risultata una novità, in quanto l’assemblea condominiale non può, con voto a maggioranza, imporre ad un condomino di astenersi dal tenere cani nel proprio appartamento e, quindi, né prima né ora alcun regolamento condominiale approvato a maggioranza può vietare di detenere animali.
Solo un regolamento di natura contrattuale invece, può limitare e vietare la detenzione di animali. Tant’è che sia la giurisprudenza di legittimità che di merito negli anni hanno sempre stabilito che se il divieto di tenere animali è espresso nel regolamento contrattuale, si ritiene pienamente legittimo e quindi vigente l’obbligo-divieto di tenere animali in condominio da parte dei condòmini che a tanto si sono obbligati in virtù del regolamento contrattuale.
Faccio riferimento ad esempio alla Corte di Cassazione, con la sentenza del 15 febbraio 2011 n. 3705, che appunto stabiliva che “Il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali”.
La corte di Cassazione con tale sentenza ha sancito che le clausole del regolamento condominiale contrattuale, che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condòmini sulle parti di loro esclusiva proprietà, possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari. Pertanto, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti “assembleari” importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva.
LE INCONGRUENZE
Sembra quasi che le incongruenze, i vuoti della riforma, stiano pian piano venendo al pettine. Insomma, già nella prima versione dell’art. 1138 c.c. si parlava di animali da compagnia; poi per evitare delle discriminazioni e problematiche tra le associazioni animaliste si è scelto di usare l’espressione “animali domestici”. Sebbene questa espressione, ricomprenda, non solo gatti e cani, ma anche cavalli, conigli, maialini ecc. Certo è che la norma che vieta la detenzione di animali domestici è stata inserita nell’art. 1138 c.c. che disciplina i regolamenti assembleari, perché si è voluto statuire concretamente e per iscritto un principio assodato in giurisprudenza. Diverso, a mio avviso, è il caso del regolamento contrattuale predisposto dall’originario costruttore, richiamato negli atti di acquisto ed accettato dagli acquirenti, che, a mio parere, può contenere divieti sui quali la riforma non può agire.
Inoltre, la commissione Giustizia del Senato, in sede di approvazione della norma, aveva chiarito che il divieto non riguardava i regolamenti di natura contrattuale in coerenza con i principi dell’autonomia contrattuale (articolo 1322 del Codice civile) consentendo ai condòmini di deliberare limitazioni ai diritti dominicali loro spettanti. Infatti, proprio l’articolo 1138, al quarto comma, prevede che le disposizioni contenute nel regolamento assembleare “non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni” (intendendosi come tali i regolamenti di natura contrattuale). Peraltro, la previsione contenuta al comma quinto dell’articolo 1138, che impedisce di vietare la detenzione di animali domestici, non è altro che il risultato di un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cassazione, sentenze 3705/2011, 13164/2001 e 12028/1993) che, nel corso di questi anni, ha negato validità al divieto di detenere o possedere animali domestici contenuti nei regolamenti di natura assembleare.
Per quanto riguarda la questione della irretroattività della legge, atteso che i più rivoluzionari stabiliscono che la disposizione dell’art. 1138 c.c. renda nulli tutti i regolamenti, anche quelli preesistenti alla legge di riforma, è bene ricordare che la legge non dispone che per l’avvenire: quindi i regolamenti assembleari deliberati prima del 18 giugno 2013, anche se contengono divieti alla detenzione di animali, restano validi sino a eventuale modifica in assemblea.