[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]
A ciascun partecipante all’assemblea di un condominio deve riconoscersi il diritto di manifestare la propria volontà non soltanto mediante l’espressione conclusiva del voto, con assenso, dissenso o astensione sulla proposta contenuta nell’ordine del giorno, ma anche mediante l’intervento nella discussione, al fine di portare a conoscenza degli altri presenti le ragioni del proprio voto.
La lesione di tale diritto spiega effetti invalidanti non sulla costituzione dell’assemblea – non essendo equiparabile al mancato invito di quel partecipante all’assemblea medesima – ma sulla deliberazione adottata, la quale resta impugnabile a norma dell’articolo 1137 c.c. (Cass. 2893/1984 e 1510/1999).
LA SENTENZA
L’occasione di approfondire un argomento tanto scottante quanto semisconosciuto quale quello relativo ai rapporti tra il condomino ed il suo rappresentante in assemblea è stata la sentenza n. 11287 del 14 ottobre 2016 emessa dalla Sez. 6 del Tribunale di Milano. Il fatto che, ancora oggi a distanza di ormai tre anni e più dall’entrata in vigore della riforma, molte delibere sono approvate da condòmini privi di delega scritta impone una riflessione sugli effetti del difetto di rappresentanza nei confronti del rappresentato nonché nei confronti del terzo condominio.
Sia pure per una fattispecie diversa e relativa ad un contratto di fido bancario stipulato dall’amministratore con la Banca (omissis) per il quale era sprovvisto del relativo mandato e che non era mai stato ratificato dall’assemblea, il Tribunale di Milano ha prima enucleato le disposizioni codicistiche alle quali occorre far riferimento per la giusta osservazione dell’Istituto:
“Preliminarmente, va chiarito che la norma di cui all’art. 1711 c.c. rappresenta una specifica espressione della regola generale dettata dall’art. 1388 c.c., che consente la produzione degli effetti di un contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato direttamente in capo a questi, a condizione che non siano violati i limiti delle facoltà conferite, pena l’invalidità del contratto, in difetto di successiva ratifica da parte del mandante. La tutela del terzo contraente che abbia fatto incolpevole affidamento sulla sussistenza dei poteri di rappresentanza del falsus procurator è fornita dall’art. 1398 c.c., che obbliga quest’ultimo a tenere il primo indenne dai danni sofferti, nonché dall’art. 1711 c.c. stesso, che pone l’atto compiuto in difetto di rappresentanza a carico del mandatario infedele”.
E poi ha stabilito che: “la effettiva sussistenza del potere di rappresentanza in capo a colui che ha speso il nome altrui integra un elemento costitutivo della pretesa fatta valere dalla Banca, di modo che il contratto concluso dal falsus procurator è di per sé inefficace nei confronti de condominio, salvo l’esercizio da parte dello pseudo rappresentato del diritto potestativo di imputarsi il contratto tramite la ratifica. In altre parole, il difetto di rappresentanza non è un fatto impeditivo dell’efficacia del contratto, ma al contrario è la sussistenza di un valido potere di rappresentanza a costituire un requisito necessario affinché il contratto concluso dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato produca direttamente effetto nei confronti di quest’ultimo (cfr. Cass. SS.UU. n. 1137/2015). Ne consegue che, una volta accertata la violazione dei limiti del mandato e il difetto di una ratifica successiva, l’atto compiuto resta a carico del falsus procurator a prescindere dalla diversa apparenza su cui il terzo contraente aveva fatto affidamento, per quanto esente da alcun rimprovero di negligenza o imprudenza”.
LA DELEGA
Ciò premesso, occorre ricordare che in condominio l’articolo 67 disp. att. c.c., come sostituito dalla L. 220/2012, dispone che «Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta». Si regola così l’istituto giuridico della «rappresentanza» con il quale un soggetto conferisce incarico, tramite un atto, ad un altro soggetto di rappresentarlo. L’atto con cui una persona attribuisce ad un terzo il potere di rappresentarlo in ambito condominiale viene chiamato «delega».
Prima della riforma, in mancanza di espressa previsione legislativa, si applicava il principio della libertà delle forme, per cui la delega poteva essere rilasciata sia in forma orale che in forma scritta. La riforma, invece, ha ora previsto obbligatoriamente che la delega sia rilasciata nella forma scritta. Per cui la delega orale è inutiliter data.
In realtà, ancora oggi, quasi sempre nelle assemblee di condominio capita di assistere a situazioni non in regola con la norma invocata, laddove: la delega è conferita solo verbalmente ovvero non è conferita affatto, ma il delegato partecipa ugualmente ed esprime il voto in nome del condomino rappresentato. Così come può pure accadere che il delegato non rispetti le istruzioni ricevute ed esprima un voto che è in contrasto con la volontà del condomino rappresentato.
CONSEGUENZE
In questi casi anche alla luce dell’insegnamento della suddetta sentenza del Tribunale di Milano, quali sono le conseguenze di tali comportamenti? Dobbiamo ritenere che il condomino che è stato rappresentato in assemblea da un cosiddetto “falsus procurator” può scegliere o di impugnare la delibera o di ratificare (manifestazione di volontà del rappresentato diretta ad approvare l’operato del rappresentante che può essere tacita o espressa) il comportamento del falsus procurator.
La Cassazione nell’esaminare un caso simile (Cass. 4531/2003) ha stabilito che «in materia di delibere condominiali i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole sul mandato, con la conseguenza che l’operato del delegato nel corso dell’assemblea non è nullo e neppure annullabile, ma inefficace nei confronti del delegante fino alla ratifica di questi».
Il condomino falsamente rappresentato può anche decidere di non ratificare l’operato del falsus procurator ed agire in via giudiziaria per far valere l’inefficacia della delibera. In questo caso il condomino può anche pretendere che il voto del delegato non venga preso in considerazione ai fini del calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi.
È pur vero che l’amministratore di condominio, al fine di risolvere il problema, potrà convocare una nuova assemblea ed adottare nuovamente la delibera, ma è altrettanto vero che il regime delle spese del giudizio sarà deciso secondo il principio della cd. “soccombenza virtuale”. Da ciò un sicuro danno almeno per le spese. Ebbene, in tale evenienza, lo stesso condominio potrà chiedere ed ottenere il risarcimento dei danni subiti direttamente al falsus procurator non solo quelli per le spese giudiziali ma anche ogni altro danno che possa essersi verificato per l’illegittimo comportamento del delegato.