[A cura di: Confappi]
È possibile per ogni condomino apportare modifiche agli spazi o ai beni comuni, senza bisogno di ottenere il consenso degli altri proprietari, purché ciò non impedisca a questi ultimi l’uso del bene o dello spazio stesso e non ne alteri la destinazione originaria.
Il principio civilistico (che deve tuttavia essere armonizzato con gli strumenti urbanistico-edilizi comunali) emerge dalla sentenza del 28 ottobre 2015 n.1475, con cui il Tar di Firenze ha accolto, sotto il profilo della legittimità amministrativa, un ricorso presentato dai proprietari di un ristorante a Lucca. Questi ultimi, dopo aver collocato una canna fumaria e uno sfiato di aria calda sul prospetto di una delle facciate dell’edificio in cui è inserito, al piano terra, l’esercizio, avevano proposto un’istanza di sanatoria, stante il diniego delle opere da parte del Comune per motivi edilizi. Che è stata però anch’essa negata dal Comune, in quanto gli istanti non erano proprietari dell’intera facciata sulla quale avevano effettuato l’intervento e non avevano avuto il consenso degli altri condòmini alla realizzazione della canna fumaria e dello sfiato. I titolari del ristorante hanno, dunque, presentato ricorso al Tar Firenze, chiedendo non solo l’annullamento del diniego di sanatoria, ma anche il risarcimento dei danni, visto che – ai sensi della normativa comunale applicabile – era loro impedito di esercitare la propria attività lavorativa, senza canna fumaria in regola.
Ne è seguita una bagarre processuale. Nel procedimento, infatti, si è costituito il Comune di Lucca e sono intervenuti molti condòmini, schierati contro i proprietari del ristorante, tutti uniti nel chiedere il rigetto del ricorso e lamentando l’intollerabilità delle immissioni di fumo derivanti dalla canna fumaria in questione. Il Tar di Firenze, tuttavia, ha accolto il ricorso dei proprietari sulla base del disposto dell’art. 1102 c.c. – dettato in tema di comunione, ma applicabile anche in ambito condominiale a fronte del richiamo operato dall’art. 1139 c.c. – che dispone “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.
Sulla base di tale norma, il giudice amministrativo fiorentino ha fatto applicazione del principio civilistico per il quale il singolo condomino può apportare al muro perimetrale del condominio tutte le modificazioni che consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva senza bisogno di ottenere il consenso da parte degli altri condòmini, purché ciò non impedisca a questi ultimi l’uso del muro comune e non ne alteri la destinazione ordinaria con interventi invasivi. In particolare, il giudicante ha ritenuto che, nel caso specifico, non risultava compromessa la possibilità per gli altri condòmini di utilizzare il muro perimetrale in modo analogo.
A questo proposito, si segnala che, in un caso analogo, il Tar Lazio, con la sentenza 9 settembre 2015 n. 11129, ha dato torto al proprietario di una pizzeria, che aveva collocato una canna fumaria sulla parete condominiale, a fronte del regolamento edilizio del Comune di Roma che – all’art. 59 – fa espresso divieto di «”ar esalare il fumo inferiormente al tetto” e vieta altresì l’installazione di “canne fumarie con tubi esterni prospettanti sul suolo pubblico”.
In ultimo, per ciò che riguarda la posizione degli altri condòmini (i cosiddetti “controinteressati” nel procedimento amministrativo), il Tar Firenze – pur riconoscendo il loro interesse ad intervenire nel procedimento amministrativo – ha rimandato la questione al giudice civile, dove gli stessi potranno far valere le loro ragioni senza preclusioni, visto che i provvedimenti in materia edilizia sono sempre rilasciati fatti salvi i diritti dei terzi.