[A cura di: centro studi Fna -Confappi]
L’art. 1, comma 59, della Legge 208/2015 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, Legge di stabilità 2016, entrata in vigore il 1° gennaio 2016 – ha sostituito l’art. 13 della Legge 431/1998, nei termini seguenti.
L’obbligo di registrazione a carico del locatore. Alla stregua del riformato primo comma, dell’art. 13, «è fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni dandone documentata comunicazione nei successivi 60 giorni al conduttore e all’amministratore del condominio anche ai fini della ottemperanza agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale di cui all’art. 1130, n. 6, del codice civile».
Quest’ultima disposizione è dettata in ragione dell’obbligo incombente sull’amministratore condominiale di acquisire, nell’anagrafe condominiale, anche le generalità dei “titolari di diritti personali di godimento”.
Ad evidenza, la modifica legislativa non tiene conto delle disposizioni dettate, ai fini della tassa di registro, dal DPR 131/1986, in tema di obbligo di registrazione dei contratti di locazione, disciplinato dall’art. 10, primo comma, lettera a), per il quale nelle scritture private non autenticate l’obbligo di registrazione è a carico di tutte le “parti contraenti”. Né tiene conto dell’art. 57 del medesimo DPR 131/1986 che continua a sancire la responsabilità solidale delle parti per il pagamento della tassa di registro. A meno che la modifica abbia inteso abrogare implicitamente le richiamate disposizioni del DPR 131/1986.
Il nuovo obbligo a carico del locatore non può ovviamente valere per le locazioni commerciali, disciplinate dalla legge di equo canone.
La nullità delle pattuizioni illegali in materia di durata e di canone. I commi 2 (azione di restituzione dell’indebito alla fine della locazione), 3 (nullità di patti relativi alla durata del contratto) e 4 (nullità dei patti relativi al canone dei contratti liberi e convenzionati), continuano ad applicarsi secondo la disciplina dettata dal previgente art. 13, Legge 431/1998.
La sanatoria temporale dei cosiddetti contratti catastali. Il nuovo comma 5 dell’art. 13, stabilisce che «per i conduttori che per gli effetti della disciplina di cui all’art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogato dall’art. 5, comma 1-ter, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto 23/2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato art. 3, comma 8, del d.l. 23/2011, l’importo del canone di locazione dovuto, ovvero della indennità di occupazione maturata su base annua è pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato».
Alla stregua della nuova disposizione, il canone annuo (o indennità di occupazione) dovuto dal 7 aprile 2011 sino al 16 luglio 2015 (data di pubblicazione della sentenza n. 169/2015), è confermato nella misura prevista dal D.Lgs. n. 23/2011 (art. 3, commi 8 e 9). Con la conseguenza che, per il periodo in questione, l’inquilino non è tenuto a riconoscere alcuna maggior somma al locatore rispetto a quanto versato nella misura pari a tre volte la rendita catastale dell’immobile, aggiornata secondo gli indici Istat. Attesa la temporaneità della sanatoria, rimane tuttavia fermo che nel prosieguo del contratto, il conduttore dovrà versare il canone nella misura originariamente pattuita, per non incorrere in morosità.
Quanto alla durata residua del contratto sussistono incertezze interpretative: il contratto decorre dalla data in cui è avvenuta la registrazione (da eseguirsi nel termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 23/2011) o dalla data di stipula del contratto? La disposizione non ha infatti chiarito, quanto alla durata del contratto, se i rapporti in corso debbano proseguire secondo le scadenze legali calcolate in base alla loro originaria data di stipula ovvero se – come previsto dal D.Lgs. 23/2011 – debbano proseguire dalla data della registrazione tardivamente eseguita.
Ad evidenza, la disposizione ha inteso sterilizzare – con una sanatoria – gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 5, comma 1-ter del richiamato d.l. 47/2014.
Ed invero, essendo venuto meno il nuovo rapporto locatizio fondato sul d.lgs. 23/2011 – con un canone pari al triplo della rendita catastale – i conduttori sarebbero irrimediabilmente esposti alle sanzioni invalidanti di cui agli artt. 1, comma 346 della Legge 311/2004 e 13, comma 1, della Legge 431/1998.
Sta di fatto che il riformato art. 13, comma 5, ha riscritto le regole dei pregressi rapporti illegittimi, dettando imperativamente la misura del canone dovuto ovvero della indennità ex art. 1591 c.c., maturata dai conduttori che avessero beneficiato della rideterminazione ex lege del corrispettivo conseguente – quale sanzione civile – alla mancata o parziale registrazione del contratto.
Anche la nuova disposizione può peraltro essere nuovamente riportata all’esame della Corte Costituzionale, dal momento che ripropone una soluzione già caducata due volte dal Giudice delle leggi. Oltretutto, la pronuncia della Corte Costituzionale 169/2015 ha puntualmente motivato che «se certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz’altro da escludere che possa legittimamente farlo – come avvenuto nella specie – limitandosi a “salvare”, e cioè a “mantenere in vita”, o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne. Il contrasto con l’art. 136 Cost. ha, in un simile frangente, portata addirittura letterale.
In altri termini: nel mutato contesto di esperienza determinato da una pronuncia caducatoria, un conto sarebbe riproporre, per quanto discutibilmente, con un nuovo provvedimento, anche la stessa volontà normativa censurata dalla Corte; un altro conto è emanare un nuovo atto diretto esclusivamente a prolungare nel tempo, anche in via indiretta, l’efficacia di norme che “non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” (art. 30, terzo comma, della Legge 11 marzo 1953, n. 8 – norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale)».
La restituzione delle somme indebitamente versate. L’art. 13, comma 6, della Legge 431/1998 – rimasto sostanzialmente immutato rispetto all’originario art. 13 – stabilisce che «nei casi di nullità di cui al comma 4, il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1, dell’art. 2 ovvero dal comma 3 dell’art. 2. Tale azione è, altresì, consentita nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del presente articolo. Nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati. L’autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti».
La disposizione dispone tuttavia, in termini innovativi, che l’azione di nullità è altresì dichiarata nel caso in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1, del riformato art. 13. Conseguentemente, nel giudizio che accerta la esistenza del contratto di locazione, il Giudice determina il canone dovuto che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 (per i contratti liberi e per i contratti convenzionati), ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 o 3 (contratti transitori o contratti con studenti universitari, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati).
Si tenga presente che la nuova previsione normativa non stabilisce se, in virtù del richiamato art. 2, si debba fare riferimento ai contratti liberi o a quelli concordati. L’autorità giudiziaria stabilisce contestualmente anche la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.
Con il riformato comma 6 dell’art. 13, della Legge 431/1998, al conduttore che abbia subito la scelta del locatore di non registrare il contratto, è dunque riconosciuta la facoltà di far convertire giudizialmente la locazione non registrata, con attribuzione al Tribunale del potere di sostituire il contratto e di determinare l’entità del canone. In particolare, alle locazioni in corso e non registrate, si applicano le disposizioni di cui al comma sesto, relativamente a tutte le ipotesi ivi previste, insorte dalla entrata in vigore del riformato art. 13 e, quindi, a far data dal 30 dicembre 1998.
In definitiva, il conduttore ha diritto di ricondurre la locazione a condizioni conformi al comma uno (contratti liberi), ovvero al comma tre (contratti convenzionati), dell’art. 2, della Legge 431/1998, ove il canone e la durata non siano conformi alle previsioni di cui al riformato comma sesto dell’art. 13. In tal caso, il Giudice, accertata l’esistenza del contratto di locazione, determina il canone dovuto entro i limiti di quanto stabilito, negli appositi contratti-tipo dalle organizzazioni di categoria, oltre alle somme eventualmente eccedenti e da restituire. Resta comunque fermo che il conduttore può, entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, proporre l’azione di restituzione delle somme indebitamente versate.
Ambito di applicazione e decorrenza delle nuove disposizioni. Per il riformato comma 7 dell’art. 13, della Legge 431/1998, «le disposizioni di cui al comma 6 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dalla entrata in vigore della presente legge», ovvero a far tempo dal 30 dicembre 1998.
Applicabilità della nuova normativa ai soli contratti soggetti a registrazione. Secondo il riformato art. 13, comma 8, «i riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso».
Scomparsa delle previsioni sulla locazione di fatto. Nella nuova formulazione dell’art. 13 della Legge 431/1998 è scomparso il riferimento alla cosiddetta “locazione di fatto”, di cui al previgente art. 13, quinto comma, per il quale l’azione relativa alla restituzione dell’indebito «è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto».