Numerose le novità in materia di fiscalità locale sugli immobili previste dalla legge di Stabilità. L’Agenzia delle Entrate ha posto l’accento su alcuni dei provvedimenti principali, sintetizzando i contenuti delle relative misure.
Sull’abitazione principale niente più Tasi. L’abitazione principale (cioè l’immobile in cui il possessore e il suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente), dopo essere stata affrancata dall’Imu a partire dal 2014, da quest’anno è esentata anche dalla Tasi, ossia il tributo sui servizi indivisibili del Comune (manutenzione delle strade, illuminazione pubblica, ecc.). L’esonero, sancito dal comma 14 della Stabilità 2016, è riconosciuto esclusivamente agli immobili con destinazione abitativa accatastati in una categoria diversa dalla A/1 (abitazioni signorili), dalla A/8 (ville) e dalla A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico o storico), e alle relative pertinenze. In relazione a queste ultime, si tratta delle unità immobiliari censite nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle, scuderie, rimesse e autorimesse) e C/7 (tettoie chiuse o aperte); l’esenzione spetta a una sola unità per ciascuna categoria, eventuali ulteriori pertinenze (ad esempio, il secondo box) sono trattate come “altri fabbricati”.
L’esenzione è prevista non solo per il possessore che utilizza l’appartamento come abitazione principale, ma anche per il detentore (inquilino o comodatario) che impiega l’immobile come propria abitazione principale, quindi non anche nelle altre ipotesi (ad esempio, la casa affittata per finalità diverse, il negozio, lo studio, ecc.). L’occupante, infatti, in base alla disciplina Tasi, è tenuto a pagare una parte del tributo complessivamente gravante sull’immobile, compresa tra il 10 e il 30%, secondo quanto stabilito dal regolamento comunale; se l’amministrazione locale non decide in proposito, la quota a carico del detentore si intende fissata al 10%. Dal 2016, dunque, l’inquilino (o il comodatario) che detiene l’immobile, fissandovi la residenza anagrafica e la dimora abituale, cioè adoperandolo come abitazione principale, non deve più versare la sua parte di Tasi. Ciò non comporta un aggravio della tassazione per il possessore (proprietario o titolare di altro diritto reale), il quale continua a pagare esclusivamente la percentuale (tra il 70 e il 90%) di sua spettanza.
Base Imu dimezzata per la casa in uso a figli o genitori. Il comma 10 della Stabilità 2016 interviene in materia di Imu sugli immobili dati in uso gratuito ai parenti in linea retta entro il primo grado (cioè, genitori e figli), che li utilizzano come abitazione principale, ossia vi hanno la residenza anagrafica e la dimora abituale. Per il 2015, al verificarsi di tale circostanza, i Comuni potevano considerare l’immobile abitazione principale, stabilendo che il beneficio operasse soltanto in relazione alla quota di rendita catastale non eccedente i 500 euro oppure se il comodatario apparteneva a un nucleo familiare con Isee non superiore a 15mila euro annui; in presenza di più unità immobiliari, l’agevolazione era applicabile a una sola di esse.
Dal 2016, invece, le amministrazioni locali non hanno più tale facoltà ma, per l’immobile non accatastato come A/1, A/8 o A/9 e dato in comodato d’uso a figli o genitori che lo utilizzano come abitazione principale, spetta ex lege la riduzione al 50% della base imponibile. Per aver diritto al beneficio, è richiesto che il contratto di comodato venga registrato e che il comodante possegga un solo immobile in Italia e abbia la residenza anagrafica e la dimora abituale nello stesso Comune in cui si trova la casa data in uso ovvero, oltre a quest’ultima, possieda nello stesso comune un altro appartamento non “di lusso” adibito a propria abitazione principale. Inoltre, è richiesto che il possesso di tali requisiti venga attestato dal contribuente nella dichiarazione Imu.