Le criticità economiche e sociali, derivanti dalla crisi climatica in corso, hanno messo in luce la necessità di modifica dei paradigmi di sviluppo. Un’evidenza che ha reso manifesto quanto già sostenuto nel lontano 1987 dal Primo Ministro Norvegese Gro Harlem Brundtland che, nel rapporto Our Common Future, definiva lo sviluppo sostenibile come “a development that meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs”.[1]
Quindi, lo sviluppo può considerarsi tale solo se contribuisce al soddisfacimento dei bisogni attuali, senza compromettere la capacità delle future generazioni nel soddisfare i propri. Questa definizione cela, tra le righe, un’evidenza che troppo a lungo abbiamo dimenticato: le risorse a nostra disposizione non sono infinite. Ed è da questa constatazione che, finalmente, si è arrivati a considerare la sostenibilità come aspetto prioritario per lo sviluppo delle economie mondiali. Va da sé che, per riuscire a ridurre i rischi finanziari derivanti dalla crisi climatica e dalla scarsità di risorse a disposizione, è necessario applicare un approccio di Triple Bottom Line secondo cui la sostenibilità si sviluppa grazie ad un processo di integrazione tra ambiente naturale ed esigenze economiche e sociali.
La natura olistica di questo tipo di approccio richiede la partecipazione attiva di tutti gli attori sociali e di tutti i settori produttivi. Nella fattispecie, nel percorso verso la sostenibilità, ricopre un ruolo strategico il settore edile responsabile, a livello europeo, del 36% delle emissioni di gas serra. Un dato che ha reso necessario l’aggiornamento della direttiva sull’Efficienza Energetica degli Edifici al fine di stabilire dei nuovi obiettivi, particolarmente ambiziosi, di riduzione delle emissioni nel comparto edile. In quest’ottica, giocheranno un ruolo fondamentale le certificazioni rilasciate proprio per qualificare il livello di sostenibilità raggiunto da un edificio.
Lo standard più utilizzato nel mercato edilizio è la certificazione LEED, Leadership in Energy and Environmental Design, sviluppata negli Stati Uniti nel 1999 dall’US Green Building Council.
Nello specifico, grazie all’applicazione di questo standard, è possibile classificare il livello di sostenibilità raggiunto da un determinato edificio o da un intero quartiere, attestandone lo stato “green” rispetto all’intero ciclo di vita in conformità a sei categorie:
1. risparmio energetico;
2. rispetto dell’ambiente circostante e delle caratteristiche del sito;
3. gestione dell’acqua;
4. materiali e risorse di utilizzo;
5. qualità dell’aria interna;
6. grado di innovazione.
L’edificio ottiene, per ogni categoria, un relativo punteggio. Dalla somma del punteggio ottenuto in ogni categoria si evince il livello raggiunto di certificazione. Il minimo corrisponde a 40 punti. Dai 50 ai 59 punti l’edificio consegue una certificazione Argento; dai 60 ai 79 una certificazione Oro; infine, oltre gli 80 punti si ha diritto ad una certificazione Platino.
L’Italia rientra tra le prime dieci nazioni a livello mondiale per il numero di costruzioni certificate LEED[2]. Infatti, nel 2022, con la certificazione di 96 progetti, il nostro Paese si è posizionato al nono posto a livello mondiale e al terzo posto tra le nazioni europee, invertendo, seppur parzialmente, una tendenza che vedeva in testa la Germania. Nello specifico, gli edifici registrati sono passati dai 42 del 2008 ai 1.222 del 2022; mentre gli edifici certificati dai 3 del 2008 ai 463 del 2022.
Questo andamento incoraggia una visione ottimista per il futuro del mercato LEED nel contesto italiano. Secondo i dati di The European House Ambrosetti, entro il 2030 e nello scenario migliore di crescita delle certificazioni, il controvalore generato potrebbe essere di oltre 300 mln di euro l’anno, grazie alla riduzione di emissioni CO2, la riduzione dei consumi di acqua e quella dei rifiuti prodotti in cantiere. Nello specifico si parla di 190 milioni di euro all’anno per la fase di CO2 e acqua e di ulteriori 125 per quanto riguarda la parte di rifiuti da cantiere.
Utilizzare lo standard LEED significa promuovere la sostenibilità ambientale nell’edilizia e incoraggiare la riduzione del consumo di risorse naturali grazie sia all’implementazione di soluzioni per l’efficienza energetica, sia all’utilizzo di materiali eco-compatibili. In un paese come l’Italia, dove la consapevolezza ambientale è in crescita, tali certificazioni possono essere un modo efficace per dimostrare il reale impegno verso la sostenibilità contribuendo ad attirare l’interesse degli investitori stranieri o di aziende multinazionali che seguono standard sostenibili globali.
[1] 1987 Rapporto Brundtland, Our Common Future
[2] U.S. Green Building Council (Usgbc)
A cura di Marco Merlo Campioni, CEO di save NRG