In tanti, da tutta Italia, si stanno rivolgendo agli sportelli di Federconsumatori per avere assistenza e verificare gli importi, in alcuni casi più che decuplicati, delle loro bollette di energia.
Un caso eclatante è quello di un cittadino modenese di 95 anni, che ha ricevuto dal fornitore una bolletta del gas di 3.116,62 euro per il bimestre novembre-dicembre 2023. Un aumento assolutamente spropositato, che è arrivato in maniera del tutto inaspettata: non aveva ricevuto, infatti, alcuna comunicazione e si è accorto della modifica tariffaria soltanto con l’arrivo della maxi-bolletta. Ora teme per la prossima, relativa ai consumi di gennaio-febbraio, che con tutta probabilità sarà ancora più alta.
Altri casi a Piacenza, con un utente che in cinque mesi si è visto recapitare ben 3 bollette dell’energia elettrica dall’importo complessivo di oltre 1.600 euro. Importi piuttosto esosi, soprattutto perché il cittadino interessato aveva chiesto una modifica del proprio contratto per ottenere tariffe più vantaggiose. Peccato che il gestore, senza fornire comunicazione alcuna, avesse respinto non solo la modifica contrattuale, ma anche il sollecito effettuato dall’utente, che quindi continuava a pagare con la vecchia “cara” tariffa. Ancora a Piacenza, la Congregazione delle Suore della Provvidenza per l’infanzia abbandonata ha ricevuto una bolletta del riscaldamento di oltre 13mila euro.
Gli aumenti vertiginosi non risparmiano nessuna area del Paese: ad esempio, si è rivolta agli sportelli di Federconsumatori una cittadina di Napoli, che si è ritrovata a pagare al suo fornitore ben 750 euro di costi fissi annui sull’energia elettrica e altrettanti 750 per il gas, in aggiunta alla fatturazione dei consumi.
Questo situazione, scrive Federconsumatori in una nota “è l’esempio di una strategia molto utilizzata dalle aziende, che puntano a far sottoscrivere, soprattutto telefonicamente, dei contratti a prezzo variabile (indicizzati in base al Pun per l’elettricità e al Psv per il gas), ma poi “ricaricano” in bolletta cifre improponibili sui costi fissi, che, per di più, non sono nemmeno indicati chiaramente in bolletta”.
“In generale – precisa Federconsumatori – è una situazione intollerabile, che non farà che peggiorare con l’abolizione del mercato tutelato anche nel settore elettrico, dal prossimo luglio, determinando così quel che appare un vero e proprio far west delle tariffe, mentre i cittadini sono lasciati in balia di abusi e aumenti incontrollati, spesso furbescamente perpetrati dalle troppe aziende che operano nel nostro mercato, alcune delle quali con pratiche corsare”.
Prosegue la nota: “Rivolgiamo un appello urgente al Governo, al Parlamento e ad Arera affinché intervengano subito per porre fine ai soprusi: è ora di finirla con la concezione di una regolamentazione del mercato che si pone come unico parametro il problema della concorrenza tra imprese, abbandonando il tema della tutela del consumatore. Non è accettabile che gli utenti vengano messi in crisi economica per gli smodati appetiti speculativi di aziende a cui viene lasciata mano libera. L’energia non è un bene di consumo voluttuario, ma un bene comune fondamentale, il cui accesso va garantito a tutti in condizioni sostenibili, perché attraverso di essa si realizzano diritti di cittadinanza. A questo servono gli strumenti e le autorità di regolazione di quello che è un mercato particolare soggetto a regolamentazione specifica, non a stabilire le forme di presidio dei profitti privati di operatori qualsiasi”.
Diverse strutture territoriali di Federconsumatori stanno avviando in questi giorni delle cause legali a tutela dei consumatori e, a livello nazionale, l’Associazione sta supportando diverse azioni inibitorie nei confronti di alcune aziende, alle quali si contestano modalità di comunicazione agli utenti delle variazioni dei prezzi, da esse unilateralmente praticate, che appaiono arbitrarie e che vanno impedite e sanzionate.
Il ricorso al giudice, in assenza di altri interventi normativi, sarà necessario per porre rimedio, ad esempio, alla pretesa di imporre al cliente la dimostrazione d’aver ricevuto dall’impresa fornitrice la comunicazione di variazione del contratto attraverso una corrispondenza ordinaria, neppure tracciabile, e di averne, inoltre, contestato i contenuti entro 10 giorni, per poter pretendere il rispetto delle condizioni contrattuali precedenti: una modalità “diabolica” che ha trovato, purtroppo e paradossalmente, proprio nell’Autorità di regolazione un permesso che non esitiamo a definire equivoco, aberrante e sicuramente ingiusto.
Comunicato stampa