Il verbale assembleare costituisce a tutti gli effetti una prova di quanto deciso del condominio e con quali maggioranze. Ma che cosa accade se nel documento figurano errori oppure se l’esito delle votazioni non è riportato correttamente? È il quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito la risposta fornita dall’avvocato Silvia Picollo di Alessandria.
D. Sono proprietaria di un appartamento al pian terreno di una palazzina di 4 piani. Recentemente il nostro condominio ha dovuto affrontare una spesa straordinaria relativa alla scala comune. In sostanza, l’amministratore (e la maggioranza dei condòmini) ha ritenuto opportuno togliere la copertura in legno delle pareti della scala e ritinteggiarle. Durante l’assemblea ho espresso il mio voto contrario e ho provato ad impugnare il verbale per oppormi alla decisione e far valere le mie ragioni di fronte al giudice.
Il problema è che, nel verbale, risulta che la decisione sia stata presa all’unanimità. Come devo comportarmi? Cosa posso fare per impugnare il verbale? E, soprattutto, come posso dimostrare che il verbale è stato compilato male? Non dovrebbe occuparsene l’amministratore o chi ha compilato il verbale?
Risponde l’avv. Silvia Picollo
R. Se il condomino, proprietario di un immobile facente parte di un condominio, in assemblea ha effettivamente espresso la sua volontà contraria all’esecuzione di lavori straordinari, ma di ciò non si è dato atto nel relativo verbale, facendo risultare l’unanimità dei consensi, questa invalidità può essere contestata, ma ovviamente l’onere probatorio è a carico di chi agisce, eventualmente anche ricorrendo alle testimonianze dei presenti.
Nella fattispecie non è ravvisabile un illecito penale, in quanto potrebbe trattarsi di falso ideologico che non integra l’ipotesi di reato, oggi peraltro depenalizzato, previsto e punito dall’art. 485 c.p. in quanto ricomprendente la sola ipotesi di falsità materiale in scrittura privata.
Si può, pertanto, intraprendere la sola via civilistica: ciò significa procedere con l’impugnativa della delibera assembleare invalida avanti il Tribunale competente per territorio. L’atto legale, da notificare a mezzo ufficiale giudiziario, necessariamente redatto con l’ausilio di un avvocato, può essere proposto in qualsiasi momento: non esistono cioè termini perentori entro i quali agire, ed è diretto a far dichiarare al giudice la nullità della delibera.
Il giudizio dovrebbe essere promosso e svolto nei confronti del presidente e del segretario della stessa assemblea condominiale, i quali, essendo i redattori e sottoscrittori del verbale, sono anche gli autori del falso. Il condominio, pertanto, non ha legittimazione passiva, ma può essere chiamato in giudizio affinché la pronuncia faccia stato nei suoi confronti.
A maggiore precisazione, dal quesito emerge che l’estensore del verbale, in modo del tutto non veritiero, ha dato atto dell’unanimità dei consensi circa l’approvazione di lavori straordinari, senza riportare il nominativo dei condòmini dissenzienti che avrebbe portato ad un risultato differente della votazione. Per legge, il verbale deve documentare lo svolgimento dell’assemblea condominiale: infatti l’art. 1136 c.c. prescrive che “delle deliberazioni assembleari si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore”: naturalmente quello che viene riportato deve essere veritiero. Ciò significa che il verbale assembleare, così redatto, è da considerarsi contrario alla legge, mancando di quegli elementi essenziali che la norma prevede. Il relativo vizio, a parere dello scrivente, costituisce motivo di declaratoria di nullità della delibera.
In ogni caso, per ragioni di maggiore tutela della condomina dissenziente, si ritiene opportuno procedere all’impugnativa della predetta delibera entro il termine di legge di trenta giorni previsto per le delibere annullabili, se non ancora decorsi, facendo eventualmente valere la nullità o l’annullabilità della medesima, e rimettendo in tale modo al giudicante la valutazione di merito del motivo dell’invalidità dell’atto impugnato.