Girando per le strade delle nostre città è sempre più facile imbattersi in cartelli “affittasi” o “vendesi” su saracinesche abbassate. A denunciare la moria di negozi (e le conseguenti ripercussioni anche sul segmento immobiliare commerciale) è Confabitare, secondo cui “Si sta assistendo ad una desertificazione figlia della crisi, che colpisce in particolare i piccoli esercizi, con un crollo del mercato delle locazioni e ben 600.000 locali rimasti sfitti nel 2015 in tutt’Italia. E il primo semestre 2016 conferma l’andamento negativo”.
L’associazione ha analizzato l’incremento percentuale delle chiusure con riferimento al periodo tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2016, rispetto allo stesso periodo dell’anno 2015. E i dati che ne sono emersi sono allarmanti: +23,5% a Bologna, +23,2% a Milano; percentuali superiori al 22% a Torino, Genova, Napoli.
Che fare per invertire la tendenza. La ricetta di Confabitare è semplice: estendere la cedolare secca agli affitti commerciali. “La nostra proposta – spiega il presidente nazionale Alberto Zanni – è quella di applicare anche ai locali commerciali l’aliquota fissa del 21% (o del 10% nei Comuni ad alta tensione abitativa), consentendo quindi ai proprietari di pagare un’imposta minore di quella ordinaria in cambio di un canone calmierato, inferiore rispetto a quello di mercato. Certo, lo Stato avrebbe un mancato introito, ma a trarne vantaggio sarebbe tutto il tessuto sociale. Avere negozi aperti significa posti di lavoro, più servizi e consumi, meno degrado. Con la nostra proposta della cedolare secca, che presenteremo a Governo e Parlamento in previsione della Legge di Stabilità 2017, vogliamo porre un freno alla moria dei negozi e alla desertificazione dei nostri centri urbani”.