A chi va e come è distribuito il gettito afferente alle imposte sulla casa. È quanto ha inteso spiegare una nota dell’Anci, secondo i cui calcoli i Comuni hanno incassato circa 10 miliardi di euro, parte dei quali verranno poi ripartiti sulla base di criteri di riequilibrio, a meno di oltre 600 milioni che verranno acquisiti al bilancio dello Stato, per effetto dei ulteriori tagli decisi con la Legge di stabilità 2015.
L’Anci puntualizza che “si tratta di risorse essenziali per il funzionamento dei Comuni, che quest’anno non hanno ricevuto alcun anticipo delle assegnazioni statali, come invece sempre avvenuto intorno al mese di marzo”. Quindi, una nota polemica: “Molti commentatori evidenziano il peso dell’imposizione immobiliare, fortemente aumentato dal 2012, con il passaggio dall’Ici all’Imu, identificandolo come il segno dell’incapacità del sistema dei Comuni di contenere le proprie spese e con il conseguente ricorso incontrollato all’aumento delle aliquote. Ma l’aumento dei principali gettiti comunali (tributo immobiliare e addizionale Irpef) tra il 2010 e il 2014 è direttamente dovuto al drastico ridimensionamento delle risorse deciso dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni”.
Secondo i calcoli dell’Anci, a valori correnti i trasferimenti statali ai Comuni sono diminuiti per 12,5 miliardi di euro, risultando ormai pressoché azzerati; il gettito dei principali tributi è aumentato di 11,1 miliardi, mentre le risorse complessivamente disponibili per i Comuni sono diminuite di quasi 4 miliardi di euro, considerando anche l’effetto dei vincoli da patto di stabilità. Gli aumenti del prelievo fiscale comunale sono stati determinati in grande misura da decisioni dello Stato, attraverso i continui cambiamenti dell’assetto delle entrate dei Comuni. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’aumento del prelievo deciso dai Comuni non è arrivato a compensare la dimensione drammatica dei tagli subiti nel quadriennio.
L’associazione dei Comuni sottolinea anche che in valori pro-capite costanti (2010), le variazioni 2010/2014 mostrano che per tutte le diverse fasce demografiche i recuperi fiscali non bilanciano le riduzioni di risorse decise nel quadriennio.
“Il contributo che i Comuni hanno apportato al risanamento della finanza pubblica è ormai riconosciuto – commenta l’Anci -. La Corte dei Conti ha recentemente sottolineato la sproporzione della stretta finanziaria imposta agli enti locali dalle manovre di questi anni, rispetto alle amministrazioni centrali. Purtroppo, per scelte in larga parte non dipendenti dai Comuni, i cittadini sono stati gravati da un prelievo maggiore senza corrispondenti benefici sui servizi locali. Una parte cospicua delle tasse comunali è andata allo Stato per sostenere il risanamento della finanza pubblica, insieme alle riduzioni di spesa operate dai sindaci. Ricordiamo inoltre che il pagamento dell’acconto Imu e Tasi è calcolato sulla base del regime vigente nel 2014 nel Comune di ubicazione dell’immobile. L’acconto è pari al 50% di quanto dovuto per lo scorso anno. Pertanto, non era necessario conoscere le eventuali variazioni che i Comuni possono aver già deliberato, ma il cui termine ultimo è quello del bilancio di previsione, attualmente fissato al 30 luglio”.
Come pro-memoria per chi non avesse ancora pagato la prima rata di Imu e Tasi, l’Anci precisa che “il contribuente è in regola se versa l’acconto sulla base delle aliquote e delle detrazioni stabilite dal Comune per il 2014 (e risultanti sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze), salvo poi procedere ad eventuale conguaglio in sede di saldo nel caso di variazioni delle aliquote e delle detrazione dei citati tributi, che dovranno essere pubblicate dai Comuni sul sito Mef, entro il 28 ottobre 2015. Nulla vieta, naturalmente, che, nel caso in cui il Comune abbia già deliberato in materia di aliquote e detrazioni Imu e Tasi, magari determinando condizioni più favorevoli rispetto al 2014, il contribuente possa far riferimento alle delibere relative a quest’anno anche per il pagamento dell’acconto”.