[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]
Il condominio, come è noto, è un ente di gestione così definito dalla prevalente giurisprudenza e dottrina in quanto la sua disciplina si trova nel libro Terzo del Codice Civile relativo ai diritti reali, ma presenta analogie con gli enti collettivi, disciplinati viceversa nel libro Quinto e ciò in relazione alla presenza di più comproprietari dei beni comuni che deliberano collettivamente la gestione dei medesimi in una apposita assemblea di condominio.
L’assemblea di condominio deve essere convocata esclusivamente dal suo amministratore, organo esecutivo del condominio stesso, e in via eccezionale può essere convocata dai condòmini in due sole ipotesi:
a) anche da uno solo se manchi l’amministratore, ad esempio se si tratta di uno stabile di nuova costruzione;
b) da due condòmini, rappresentanti almeno un sesto del valore dell’edificio, che abbiano richiesto all’amministratore del condominio la convocazione di una assemblea per deliberare in merito ad un particolare ordine del giorno specificato e l’amministratore sia rimasto
inerte a fronte di tale richiesta.
Le leggi successive alla disciplina codicistica, in particolare emanate dopo il 1989, hanno sempre più professionalizzato l’attività dell’amministratore di condominio, in quanto al medesimo sono state attribuite responsabilità, anche di natura penale, per quanto attiene alla gestione latu sensu intesa dell’immobile e dei servizi condominiali; si pensi alla normativa inerente al corretto funzionamento dell’impianto di riscaldamento centralizzato finalizzato al risparmio energetico o alla disciplina inerente alla sicurezza dei luoghi di lavoro a tutela della salute dei lavoratori subordinati. Ma l’amministratore di condominio, pur dovendo conoscere le nuove leggi, non può dimenticarsi del codice civile che è la legge base su cui si fonda il diritto italiano.
D’altronde la nullità o l’annullabilità delle delibere condominiali delle assemblee di condominio si evince proprio dalle disposizioni del codice civile, anche applicate in via analogica al condominio (combinato disposto degli artt. 2377 e 2379 c.c.), e che riguardano gli enti collettivi; così ad esempio l’assemblea è annullabile se l’amministratore di condominio non convoca un condomino in assemblea (Cass.5/05/2004, n.8493). La problematica delle modalità di convocazione dell’assemblea, che era stata precisata dalla Corte Suprema di Cassazione con sentenza n.8449/2008, si fondava sul presupposto che la convocazione di assemblea poteva essere “verbale”, ma in ogni caso l’amministratore doveva poter dimostrare di aver convocato in assemblea anche il condomino rimasto assente e che avesse eccepito di non essere stato convocato. Rileva in questa fattispecie, in particolare, la natura della convocazione d’assemblea e si deve rilevare che tra gli atti, che devono essere compiuti dall’amministratore di condominio, sussistono gli atti unilaterali tra vivi, vale a dire quelli atti che provengono da una sola parte e che producono effetti giuridici nella sfera patrimoniale dell’altra parte e che sono soggetti alla medesima disciplina dei contratti (art.1324 c.c.).
Gli atti unilaterali producono gli effetti giuridici solo dal momento che vengono a conoscenza della parte alla quale sono stati indirizzati ex art.1334 c.c. (Cass.25/09/2006 n.20784); tali atti si intendono pervenuti a conoscenza del destinatario ex art.1335 c.c. allorché giungono al suo indirizzo e, nel caso lo stesso sia assente, sia stato rilasciato dall’incaricato alla distribuzione l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale(Cass.31/03/2016 n. 6246); al medesimo destinatario compete l’onere eventuale di dimostrare in modo rigoroso di essere stato assolutamente impossibilitato a ritirarlo (Cass.15/04/2006 n. 8649).
Tra i principali atti unilaterali che l’amministratore compie vi sono quelli della denuncia di un sinistro all’assicurazione, il licenziamento disciplinare del dipendente del condominio (Cass.18/09/2007 n. 19343), la disdetta del contratto di locazione dell’ex alloggio di servizio del portiere, il recesso da un contratto di appalto, se previsto in contratto, la costituzione in mora del condomino moroso (Cass.16/02/2007 n. 9046), la denunzia dei vizi all’appaltatore ex art.1667 c.c. e appunto la convocazione di assemblea.
Con riferimento alla convocazione di assemblea, che si rammenta deve pervenire a destinazione almeno cinque giorni prima dell’assemblea convocata in prima convocazione, salvo il maggior periodo previsto da una clausola contrattuale del regolamento, l’amministratore deve essere a conoscenza della normativa sugli atti unilaterali in quanto deve tenere in considerazione la data di arrivo a destinazione della raccomandata o comunque della avvenuta comunicazione inerente alla convocazione dell’assemblea, in qualsiasi forma proposta ai condòmini, e pertanto deve premunirsi per evitare possibili disguidi e ritardi. Ne discende quindi che il condomino rimasto assente dall’assemblea, perché non ha ritirato la raccomandata pervenuta a destinazione nei termini di legge, e tornata quindi al mittente per compiuta giacenza, non può impugnare la delibera assembleare che è perfettamente valida, né può farlo il condomino che abbia rifiutato la ricezione della raccomandata o l’abbia respinta al mittente.
L’amministratore di condominio, una volta accertate le circostanze sopra indicate, può dar corso alle delibere condominiali da ritenersi perfettamente valide, non sussistendo alcun vizio nella formazione della volontà assembleare, senza correre il rischio che il condomino rimasto assente possa impugnare le delibere stesse e chiederne la sospensione giudiziaria, eccependo di non essere stato convocato. Il legislatore, con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 ha agevolato il compito dell’amministratore stabilendo che la convocazione dell’assemblea può avvenire, oltre che con il tradizionale mezzo della raccomandata, con consegna a mano e con posta elettronica certificata, purché sia l’amministratore, sia il condomino ne siano in possesso.