[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]
La mediazione è uno strumento innovativo ed efficace per la gestione delle controversie in condominio. Grazie all’ausilio di un terzo neutrale – il mediatore-, le parti possono giungere ad una soluzione della lite accettabile e soddisfacente per entrambe.
I VANTAGGI DELLA MEDIAZIONE
Caratteristica dell’istituto è l’individuazione di soluzioni in grado di soddisfare i bisogni di tutte le parti della controversia, non solo di alcune; ciò consente di ripristinare e rafforzare le relazioni (commerciali, economiche…) intercorse tra i protagonisti della lite.
I tempi infiniti del nostro sistema giudiziario e, in particolare, del processo civile, lento e inefficiente, non in grado di dare risposte con la necessaria solerzia, rappresentano per le imprese un rilevante danno. Spesso, poi, i costi sono notevoli ed i risultati concreti, incerti. I vantaggi dell’istituto sono molteplici sia sotto il profilo dei tempi, sia sotto il profilo economico e fiscale, fino a giungere anche a una soluzione del contenzioso che dia una risposta celere, valida, efficiente, proficua, ed a “costo zero”.
MEDIAZIONE IN CONDOMINIO
In condominio, dove la salvaguardia dei rapporti tra amministratore (visto come condominio) e condòmini soffre di condizioni veramente avverse, la mediazione costituisce il primo interesse di una risoluzione delle controversie celere oltre che bonaria. In estrema sintesi, i principali benefici possono essere così riassunti:
LE MATERIE PREVISTE
In materia condominiale, il nuovo art. 71-quater disp. att. c.c. recita “Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice. La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato. Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione. La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata. Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare”.
LA PROCEDURA DA SEGUIRE
Per cui l’amministratore che si vedrà notificato un tentativo di conciliazione dovrà indire un’apposita assemblea, che dovrà non solo autorizzare o meno l’amministratore a partecipare alla mediazione, ma indicare quali saranno i limiti per cui sarà autorizzato a trattare nonché dovrà dare mandato ad un avvocato, così come disposto dalle modifiche al D.L. 69/2013. Nel caso in cui non ci fossero i termini per la convocazione dell’assemblea per assumere la delibera di cui sopra, il mediatore dispone, su istanza dell’amministratore, idonea proroga della prima comparizione.
L’eventuale accordo raggiunto dovrà essere approvato in assemblea con le maggioranze di cui all’art. 1136 secondo comma, diversamente, se tale quorum non è raggiunto, per un qualsiasi motivo, la proposta si deve intendere come non accettata.
GLI ASPETTI CRITICI
Aspetti critici di questa procedura sono i tempi. Infatti, specialmente in materia di impugnativa di delibera assembleare, il termine dei trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. a pena di decadenza 1, impone l’avvio della procedura di mediazione entro lo stesso termine dei trenta giorni. Salvo poi essere sospeso, per poi iniziare a decorrere nuovamente dalla chiusura della mediazione.
La prima questione che si pone riguarda il momento in cui il termine per l’impugnativa si sospende. Sul punto, l’art. 5 comma 6 stabilisce: “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo”.
Detta norma va letta in uno a quella di cui all’art. 8 comma 1 del D. Lgs. n. 28/2010: “All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”.
In questi casi si può verificare che la domanda di mediazione sia depositata prima dei 30 giorni previsti per l’impugnativa ma che venga comunicata, a cura dell’ufficio di mediazione, alle altre parti, oltre detto termine. In tale evenienza la parte incolpevole si trova nell’impossibilità di impugnare poi la delibera in sede giudiziale per essersi verificata la decadenza che come abbiamo appena detto è sospesa solo quando viene effettuata la comunicazione alla controparte della domanda di mediazione. All’attualità è pacifico il ritenere non solo che in questi casi si verifichi la decadenza, ma che il termine vero di interruzione è quello in cui l’istanza di mediazione giunge a conoscenza della controparte. Quindi l’alea non è solo quella relativa ai tempi dell’ufficio di mediazione (dal deposito all’invio della domanda) ma anche quella relativa al mezzo usato per la comunicazione ad esempio raccomandata postale. Insomma, l’istanza a causa di un vero e proprio errore-carenza normativa subisce un danno quasi certo non fosse altro per l’incertezza del sistema così congegnato.
Non solo. A voler porre un rimedio a tutto ciò ci sarebbe da consigliare alla parte istante di inviare direttamente l’istanza di mediazione alla controparte oltre che di depositarla. In questo caso la prima alea dei tempi dell’ufficio verrebbe meno. Però tale rimedio comunque non risolverebbe il problema quando l’istanza di mediazione viene fatta partire l’ultimo giorno (dei 30) utile per l’impugnativa. Infatti, sia che venga depositata sia che venga inviata a mezzo posta è inverosimile che possa giungere a conoscenza della controparte nello stesso giorno. Sul punto non vi è molto da fare ci si auspica solo che il legislatore intervenga con ogni urgenza risolvendo il problema.
Pur trovandosi in una procedura diversa da quella giudiziale, perché non applicare anche ad essa il dettato della Corte Costituzionale in tema di termini per la notifica, distinguendo quelli a favore della parte istante e quelli a favore della parte convenuta? Solo così potrebbe veramente risolversi il problema. Ma appunto trattandosi non di procedura giudiziale il discorso di applicazione per analogia non può essere perseguito.
ANNOTAZIONI
Due precisazioni in calce. Innanzitutto le riflessioni di cui sopra fanno riferimento alle sole delibere annullabili e non a quelle nulle, che come tali possono essere impugnate in ogni tempo.
In secondo battuta, non mancano in diritto (Ruvolo) opinioni già espresse nell’immediatezza della riforma di ritenere in questi casi applicabile la giurisprudenza di legittimità di cui alla sentenza della Cass. n. 14087/2006, con la quale la Suprema Corte ebbe a stabilire che in ordine all’impugnativa di licenziamento tale atto non necessita di giungere a conoscenza dell’interessato ma il termine dei 60 giorni ivi previsto è considerato rispettato con il deposito dell’istanza obbligatoria di conciliazione.