[A cura di: avv. Andrea Marostica]
La responsabilità penale in cui può incorrere l’amministratore di condominio è principalmente di carattere omissivo. Sono possibili a suo carico ipotesi di illecito penale di carattere commissivo – si pensi, ad esempio, all’ipotesi di appropriazione indebita aggravata ex art. 646, co. 3, c.p. -, ma l’amministratore, a causa della natura stessa del suo ufficio, è per lo più chiamato a rispondere di ciò che non ha fatto pur avendone l’obbligo. È pertanto opportuno, anzitutto, distinguere il reato omissivo da quello commissivo ed analizzarne la struttura, per poi considerare nello specifico la responsabilità omissiva dell’amministratore.
Reato commissivo e reato omissivo
Mentre la responsabilità commissiva si fonda sulla violazione di una norma-divieto (al soggetto è vietato tenere un certo comportamento ed il rimprovero che gli viene mosso è di avere tenuto quel comportamento vietato), la responsabilità omissiva si fonda sulla violazione di una norma-comando (al soggetto è fatto obbligo di tenere un certo comportamento ed il rimprovero che gli viene mosso è di non averlo tenuto, cioè di averlo omesso). A titolo di esempio, per il primo tipo di responsabilità si pensi al reato di ingiuria (art. 594 c.p.): il soggetto offende l’onore o il decoro di una persona tenendo un certo comportamento, siano parole, scritti, disegni; per il secondo tipo si guardi al reato di omissione di soccorso (art. 593 c.p.): il soggetto non soccorre una persona ferita o in pericolo.
Il reato omissivo: proprio ed improprio
I reati omissivi a propria volta si distinguono in omissivi propri ed omissivi impropri (o commissivi mediante omissione).
I primi sono reati di mera condotta: ai fini della sussistenza del reato non è necessario il verificarsi di un evento lesivo. Classico esempio è l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.), dove non è richiesto l’evento (non è necessario che la persona bisognosa di soccorso muoia in seguito al mancato aiuto), il soggetto è punito per il solo fatto di non avere soccorso. Elementi costitutivi di questo tipo di reato sono:
1) la situazione tipica, ovvero la situazione fattuale descritta dalla norma;
2) la condotta omissiva del soggetto;
3) la possibilità di agire dello stesso.
Nell’esempio fatto:
1) il rinvenimento di una persona ferita;
2) non avere prestato soccorso;
3) il soggetto era in grado di prestare soccorso.
I secondi sono reati ad evento: per l’integrazione della fattispecie è necessario il verificarsi di un evento lesivo. Esempio paradigmatico è l’omicidio per omissione (artt. 40, co. 2, 575 c.p.) – causato, si ponga, dalla baby sitter che non impedisce al neonato di cadere dal balcone -, dove è richiesto l’evento: il soggetto è punito solo se dalla sua condotta omissiva consegue la morte della vittima.
Elementi costitutivi di questo tipo di reato sono:
1) l’obbligo giuridico di impedire l’evento;
2) la condotta omissiva del soggetto;
3) la realizzazione dell’evento lesivo;
4) la sussistenza del nesso causale tra condotta ed evento;
5) la possibilità di agire del soggetto.
Nell’esempio fatto:
1) l’obbligo della baby sitter di vigilare affinché non capiti alcun male al neonato;
2) non avere badato al neonato;
3) la morte del neonato;
4) la morte del neonato a causa della distrazione della baby sitter;
5) la baby sitter era in grado di badare al neonato.
Mentre i reati omissivi propri sono previsti da apposite norme, collocate nella parte speciale del codice penale, i reati omissivi impropri sono punibili sulla base della combinazione dell’art. 40, co. 2, c.p. e delle singole fattispecie incriminatrici, che sono costruite sul modello del reato commissivo. In altre parole: l’art. 40, co. 2, c.p. converte i reati commissivi (non tutti, solo quelli suscettibili di essere convertiti) nelle rispettive versioni omissive. Per questa ragione l’art. citato può essere definito moltiplicatore di tipicità, in quanto rende penalmente rilevanti condotte non espressamente sanzionate.
A questo punto, è utile riportare il testo dell’art. 40, co. 2, c.p.: “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Questo è il nocciolo della responsabilità omissiva: esiste un soggetto che ha l’obbligo giuridico di impedire un evento e, poiché non lo impedisce, viene punito. La situazione del soggetto gravato da un obbligo giuridico di impedire un evento si chiama posizione di garanzia.
La responsabilità omissiva dell’amministratore di condominio
La giurisprudenza ritiene che l’obbligo giuridico di impedire l’evento possa nascere da qualunque ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata, come è nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente tra il condominio e l’amministratore (Cass. Pen., 2012, 34147). Dunque la fonte della posizione di garanzia del mandatario nasce dal contratto concluso tra lui e la compagine condominiale.
L’amministratore è gravato di molteplici obblighi di attivarsi; a titolo esemplificativo, basti pensare alle ipotesi di omicidio colposo e di lesioni colpose per non aver rimosso fonti di rischio insite nelle parti comuni, ed alle ipotesi previste dal D.Lgs. 81/2008 in tema di sicurezza sul lavoro. In tutti questi casi il mandatario è ritenuto responsabile per non avere tenuto la condotta doverosa comandata dalla norma, per non avere cioè adempiuto all’obbligo giuridico di impedire l’evento lesivo.
Per quanto riguarda, in particolare, i reati di omicidio colposo e lesioni colpose verificatisi per cause insite nelle parti comuni dell’edificio, è opportuno sottolineare che la giurisprudenza di legittimità considera l’amministratore di condominio custode delle parti comuni. Si legga la massima di Cass. Civ., 2008, 25251: “In tema di condominio, la figura dell’amministratore nell’ordinamento non si esaurisce nell’aspetto contrattuale delle prerogative dell’ufficio. A tale figura il codice civile e le leggi speciali imputano doveri ed obblighi finalizzati ad impedire che il modo d’essere dei beni condominiali provochi danno ai terzi. In relazione a tali beni l’amministratore, in quanto ha poteri e doveri di controllo e poteri di influire sul loro modo d’essere, si trova nella posizione di custode, pertanto deve curare che i beni comuni non arrechino danni agli stessi condòmini od a terzi”.
Se è custode delle parti comuni, deve impedire che ne possano derivare eventi lesivi ai terzi (morte, lesioni personali); se omette di impedire ciò, può esserne chiamato a risponderne. Si precisa che è la stessa legge a prevedere in capo all’amministratore il potere di agire per evitare situazioni pericolose e di rischio: l’art. 1130, co. 1, lett. 4, c.c. elenca, tra le attribuzioni del mandatario, il compimento degli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio; l’art. 1135, co. 2, c.c. prevede la possibilità per l’amministratore di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente.
In senso conforme a tale impostazione, valga l’insegnamento di Cass. Pen., 2012, 21223. La vicenda oggetto del pronunciamento riguarda l’omessa delimitazione e segnalazione, da parte dell’amministratore, del lucernario situato al centro del condominio nella parte esterna e ricoperto di neve. Si era verificato che un minore, a bordo del suo slittino, era andato a finire sul lucernario che si era frantumato facendo cadere lo stesso nelle sottostanti scale, con conseguenti lesioni. In giudizio veniva rilevato che il lucernario, ricoperto dalla neve, non era assolutamente visibile. La Cassazione ritiene indubbia la responsabilità dell’imputato amministratore, in forza della sua posizione di garanzia intesa ad evitare ogni pericolo per i frequentatori del condominio. In particolare, si afferma che egli era a conoscenza del fatto che i vetri del lucernario erano lesionati ed infatti aveva disposto di eliminare l’accumulo di neve formatosi, ma poi non aveva accertato che l’intervento fosse stato in concreto compiuto.
Ne risulta chiarito quanto sopra esposto: l’amministratore è stato ritenuto penalmente responsabile per non avere impedito un evento verificatosi a causa del modo d’essere delle parti comuni in custodia, per il quale esisteva dunque a suo carico l’obbligo giuridico impeditivo.