LA REVOCA DELLA DELIBERA VIZIATA E LA TRANSAZIONE DEI DIRITTI IN CONDOMINIO
[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]
Una delle possibili soluzioni del contenzioso condominiale riguarda la revoca di una delibera già impugnata con citazione in giudizio o che comunque è già materia del contendere, ad esempio perché è stata avviata la procedura di mediazione preventiva ed obbligatoria. In questi casi, è possibile bloccare il contenzioso condominiale, evitando le conseguenze del caso ma non le spese legali, attraverso l’applicazione dell’articolo 2377, ultimo comma, c.c. In forza di tale norma, palese dimostrazione di un intimo nesso tra comunione e società, per l’amministratore di condominio, che riceve un atto giudiziale di citazione da parte del tribunale, effetto dell’impugnazione di una delibera nulla o annullabile, è sufficiente convocare d’urgenza l’assemblea dei condòmini e far revocare la deliberazione oggetto del contenzioso oppure ratificarla eliminando i vizi già denunciati in corso di causa.
In tal modo, il giudizio o il suo prosieguo è evitato, nel senso che si viene a determinare la cessata materia del contendere nel merito, rimane però la liquidazione delle spese. Detta liquidazione sarà operata in base al principio della soccombenza virtuale, nel senso che questa sarà posta a carico di chi sarebbe stato soccombente in base ai vizi già denunciati ed alla loro sussistenza o meno. (Il nuovo condominio – Ed. Giappichelli 2013 – Marco Andrighetti-Formaggini pagg. 666 e ss.)
LA TRANSAZIONE DEI DIRITTI
Risulta oltremodo difficile operare una panoramica di tutte le possibili difficoltà che potrebbero verificarsi in concreto nella transazione dei diritti nelle liti tra un condomino o un terzo che vedono i loro interessi contrapposti a quelli del condominio.
In primo luogo, occorre precisare che è l’assemblea all’uopo convocata che deve esprimersi sul punto e che il condomino in conflitto di interessi non può nemmeno partecipare alla votazione. Ciò premesso, iniziamo a specificare che eventuali decisioni che avessero riguardo ai diritti propri del condomino sarebbero completamente nulle e come tali non possono essere oggetto di transazione alcuna. Vedi ad esempio la delibera assembleare con cui il condominio neghi ad un condomino l’autorizzazione ad allacciare il proprio immobile destinato a magazzino alla rete idrica. (Cass. N. 21832 del 17.10.2007). Ovvero è pure nulla la delibera con la quale l’assemblea addebiti al condomino le spese di una lite per la quale egli ha manifestato il proprio dissenso. (Cass. 11126 del 15.05.2006).
Come è completamente nulla la delibera che ponga a completo carico del condomino le spese del legale del condominio senza una sentenza che ne sancisca la soccombenza. (Cass. 3946 del 26.04.1994). Lo stesso dicasi per la delibera condominiale che autorizza l’amministratore a nominarsi un difensore in un giudizio penale contro di lui instaurato sulla cattiva gestione dei beni in comune (Cass. 5163 del 10.06.1997). Come sarebbe nulla la delibera che approva una spesa pluriennale obbligatoria per tutti i condòmini (Cass. 7706 del 21.08.1996). Per cui occorre preliminarmente stabilire che l’oggetto della trattazione deve essere nella disponibilità degli interessi delle parti. In particolar modo occorre stabilire che la disponibilità del diritto spetta proprio all’assemblea dei condòmini.
Vi è poi una seconda categoria di deliberazioni: quella che necessità dell’unanimità dei condòmini per poter essere valida. Ad esempio, occorre l’unanimità per approvare un’utilizzazione particolare da parte del singolo condomino di un bene comune qualora tale diversa utilizzazione rechi pregiudizi notevoli all’utilizzo da parte degli altri condòmini. (Cass. 9130 del 15.04.1994). Come è nulla la delibera dell’assemblea di esecuzione di opere, nell’interesse comune anche sulle proprietà dei condòmini senza il loro consenso (Cass. 13116 del 30.12.1997).
Possiamo quindi affermare che, in genere, le delibere anche se adottate nell’interesse comune o per adempiere un obbligo di legge, qualora violano i diritti del condomino sono completamente nulle. Per tale motivo anche se il condomino interessato vi ha partecipato senza sollevare obiezioni potrà sempre impugnarle in seguito (Cass. 9981 del 24.05.2004 cd. nullità relativa perché può essere eccepita solo da questi interessati).
RECIPROCHE RINUNCE
Infine, può accadere che, nel corso dell’assemblea, le parti contrapposte assemblea e condomino operino rinunce reciproche consacrando così la loro volontà di accordo. In questi casi la votazione dell’assemblea deve pur sempre rispettare le maggioranze previste dalla legge con l’astensione del condomino interessato. Ad esempio è inefficace nei confronti del dissenziente la clausola del regolamento approvato dall’assemblea a maggioranza che reca il divieto di destinare gli immobili ad affittacamere (Cass. 1368 del 04.05.1954). Dissenso che potrebbe venire meno in un accordo transattivo successivo.
Può anche accadere che con una successiva delibera l’assemblea del condominio, al fine di operare una transazione, vada a revocare o modificare una precedente delibera. In questa evenienza occorre solamente che l’argomento sia riproposto all’ordine del giorno e non è nemmeno necessario scrivere revoca o modifica. In quanto l’effetto revocatorio determinato da una diversa manifestazione di volontà, validamente espresso con una delibera successiva, non è condizionato dal formale inserimento della questione della revoca tra gli argomenti posti all’ordine del giorno. (Sulla riproduzione della nuova manifestazione di volontà dell’assemblea allo scopo di revocare, modificare o innovare le precedenti determinazioni prese al riguardo vedi: Cass 1281 del 12.04.1976; Cass. 2246 del 19/10/1961).
Sul punto ho riportate alcune pronunce giurisprudenziali, ma ritengo necessario al fine di una corretta informazione dei condòmini che l’amministratore con apposita relazione allegata alla convocazione assembleare illustri il perché e la posizione delle parti. Solo così ogni condomino sarà compiutamente informato e la relativa decisione sarà presa con più facilità e senza contestazioni successive. Al riguardo si sottolinea che le maggioranze per la revoca sono sempre le stesse maggioranze necessarie per l’approvazione. Ne consegue che se anche in prima battuta la deliberazione fosse stata approvata all’unanimità ciò non significa che si è elevata a rango di contratto. Per tale motivo per la revoca sarà sufficiente l’ordinaria maggioranza che era sufficiente per la sua approvazione.