[A cura di: Paolo Ciri – delegato Uppi Spoleto]
È una questione antica. L’inquilino non paga e nel frattempo il proprietario deve pure versare le imposte sui redditi, anche se non ha ricevuto il canone. Poi deve fare lo sfratto, e solo quando la (costosa) procedura di sfratto si conclude, può chiedere in denuncia dei redditi (quindi, magari, molti mesi dopo), il rimborso delle imposte pagate indebitamente. Inoltre se, per qualunque motivo, non si attiva la procedura di sfratto, non si ottiene il rimborso.
Ci sono poi state sentenze, relative ai contratti commerciali, che hanno affermato addirittura come dovute le imposte sui redditi da locazione (commerciale) non percepiti, nel presupposto che si ha un diritto a riscuotere (prima o poi) quei canoni.
Ora la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha aperto una breccia su queste perverse logiche. Con la sentenza 1160/25/15 dello scorso 23 giugno, ha stabilito che, se nel contratto è presente la clausola risolutiva espressa di cui all’articolo 1456 del Codice Civile, il contratto si scioglie automaticamente per effetto dello stesso inadempimento. Quindi da quel momento non sono più dovuti canoni di locazione o affitto, bensì indennità di occupazione abusiva, da valutare. Quindi non sono più dovute le imposte, perché a questo punto la indennità non è un guadagno ma un ristoro, un indennizzo, e come tale non è imponibile (Cassazione 651/2012).
L’inadempimento deve però essere importante (secondo l’articolo 1455 del Codice Civile), deve superare i 20 giorni (art. Legge 392/78) ed il proprietario deve inviare una raccomandata ove dichiara che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa. È un ragionamento giuridicamente raffinato e corretto. Però si tratta di una sentenza di una Commissione Tributaria, che è sì un precedente, ma non dello stesso valore di una sentenza di Cassazione. E non è una legge.