[A cura di: Marco Denaro – Nuovo FiscoOggi, Agenzia delleEntrate] Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, le successive
“rettifiche”, che integrano e completano gli effetti giuridici dell’atto
originario, costituiscono, sul piano negoziale, nuovi atti, separatamente
tassabili rispetto a quello iniziale. Ne consegue che, se tali rettifiche
intervengono nell’ambito dei trasferimenti immobiliari per cui si è goduto
delle agevolazioni fiscali prima casa ne determinano il loro venir meno. Sulla
base di tale assunto, con la sentenza n. 16019 del 29 luglio 2015, la
Cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso
una sentenza della Ctr che, nel rigettare l’appello erariale, aveva annullato
un atto di recupero dell’imposta di registro emesso nei confronti di due
coniugi relativamente all’intervenuta decadenza benefici prima casa, di cui
alla nota II-bis), articolo 1, comma 4, della Tariffa, parte I,
allegata al Dpr 131/1986 (Tur).
BONUS PRIMA CASA
La vigente nota II-bis) dell’articolo 1 della
Tariffa, parte I, allegata al Tur, prevede l’applicazione agevolata
dell’imposta di registro con aliquota del 2% (ovvero dell’Iva al 4%), nonché le
imposte ipocatastali in misura fissa pari a 50 euro ciascuna (200 euro in caso
di operazione soggetta a Iva), agli atti traslativi a titolo oneroso della
proprietà di case di abitazione “non di lusso” e agli atti traslativi o
costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione
relativi alle stesse, a condizione che:
* l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui
l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria
residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria
attività;
* nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere
titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà,
usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del
comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
* nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere
titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il
territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e
nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o
dal coniuge con le agevolazioni in parola.
Detti requisiti soggettivi e oggettivi devono ricorrere
congiuntamente per l’applicazione delle aliquote agevolate previste ai fini
delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Il comma 4 dell’articolo 1
della citata nota dispone poi che, nelle ipotesi di dichiarazione mendace o di
trasferimento (a titolo oneroso o gratuito) degli immobili acquistati con i
benefici in parola, prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del
loro acquisto, le imposte sono dovute nella misura ordinaria, tranne nel caso
in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato
con i benefici, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria
abitazione principale.
Ne consegue che, nel caso di immobili acquistati con i
benefici prima casa e rivenduti prima del decorso del termine di cinque anni
dalla data del loro acquisto, l’Amministrazione finanziaria procede al recupero
della differenza fra l’imposta calcolata in assenza di agevolazioni e quella
risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché all’irrogazione
della sanzione amministrativa pari al 30% della differenza medesima.
GIUDIZIO DI MERITO
Nel settembre del 2004, due coniugi acquistavano un
fabbricato in comproprietà (50% a testa), usufruendo, ai fini dell’imposta di
registro, dell’agevolazione prima casa. Nel successivo mese di ottobre, sempre
innanzi allo stesso ufficiale rogante, stipulavano un atto rettificativo del
primo, nel quale si precisava che l’acquirente dell’unità immobiliare era il
solo marito e non anche la moglie, che solo per mero errore era stata indicata
come comproprietaria nell’atto originario. A seguito di tale rettifica,
l’ufficio procedeva alla notifica di due avvisi di liquidazione: uno alla
moglie, con il quale le si revocavano i benefici prima casa, avendo la stessa
ceduto al marito il suo 50% entro i cinque anni dall’acquisto originario
dell’immobile, senza aver proceduto a un successivo riacquisto; l’altro, per
entrambi i coniugi, in quanto responsabili solidali, con riferimento al 50%
dell’agevolazione indebitamente goduta per il secondo acquisto. Il ricorso dei
coniugi veniva accolto in primo grado – con sentenza confermata anche in
appello – nella considerazione che il secondo atto non aveva comportato alcun
trasferimento di diritti reali e, quindi, nessuna decadenza dall’agevolazione
prima casa.
LA CASSAZIONE
Nel ricorso di legittimità, l’Agenzia lamenta la violazione
dell’articolo 20 del Tur – per cui l’imposta di registro si applica secondo la
intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla
registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente – da
parte dei giudici del gravame, che non avrebbero rilevato come il successivo
atto in rettifica avesse, di fatto, comportato un mutamento della titolarità
del 50% della quota dell’immobile compravenduto.
Per la Corte suprema, il ricorso è fondato. Infatti, sulla
base di un principio consolidato, l’atto rettificativo posto in essere
successivamente a quello originario, modificandone gli effetti giuridici,
costituisce un nuovo atto, autonomamente tassabile rispetto al primo, che continua
a produrre effetti (Cassazione, sentenza 4220/2006).