[A cura di: Salvatore Tiralongo, FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23555/2015, sostiene che “I contributi ottenuti per le opere di ristrutturazione del fabbricato rurale già esistente devono essere considerati, ai fini fiscali, come contributi in conto capitale, integranti sopravvenienza attiva, tassabile pro quota nell’esercizio in cui gli stessi sono incassati e nei successivi, non oltre il quarto”.
LA VICENDA PROCESSUALE
La vicenda trae origine da un avviso di accertamento – notificato alla società ricorrente – emesso per maggiori Irpef e Irap dovute nell’anno d’imposta 2000, a seguito del recupero a tassazione di sopravvenienze attive. La società aveva ricevuto contributi dall’Ispettorato provinciale dell’agricoltura per la realizzazione di un’azienda turistica.
Contro l’avviso di accertamento la contribuente ricorreva in giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo. L’Agenzia delle Entrate presentava ricorso, ottenendo una sentenza favorevole.
In particolare, la Ctr, nell’accogliere il gravame dell’ufficio, aveva sostenuto che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di primo grado, “le spese di ristrutturazione di un immobile – già esistente -, da adibire ad azienda agricola, ed oggetto di contributi ottenuti quali spese per la costruzione ex novo di un fabbricato”, tenuto conto della modifica operata dalla legge 449/1997, articolo 21, comma 4, lettera b), a partire dal 1/01/1998, all’articolo 55, comma 3, lettera b), del Tuir, non possono considerarsi contributi in conto impianti, dovendo questi essere erogati esclusivamente per l’acquisto di beni ammortizzabili, e devono pertanto ricomprendersi tra quelli in conto capitale, con conseguente sopravvenienza attiva dell’impresa, tassabile pro quota”.
I giudici avevano respinto l’appello incidentale della contribuente in ordine alla presunta violazione dell’articolo 7 dello Statuto del contribuente, in quanto il processo verbale di contestazione richiamato nell’atto impositivo, ma non allegato, era comunque conosciuto dalla contribuente, essendole stato in precedenza notificato.
La società propone ricorso per cassazione, impugnando la sentenza di appello con la quale erano state accolte le doglianze dell’Amministrazione finanziaria.
PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE
La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 55, comma 3, lettera b, del Dpr 917/1986, come modificato dall’articolo 21, comma 4, legge 449/1997, non avendo i giudici della Ctr ritenuto che “i finanziamenti ottenuti per la ristrutturazione di un fabbricato rurale e per l’acquisto di attrezzature ed arredi debbono essere considerati fiscalmente contributi in conto impianti, in quanto strettamente correlati all’onere di effettuare uno specifico investimento in beni ammortizzabili”.
La Suprema corte ritiene la censura infondata.
Nel testo dell’articolo 55, comma 3, lettera b, si è specificato che i proventi in denaro conseguiti a titolo di contributi rappresentano sopravvenienze attive, con esclusione di quelli finalizzati all’acquisto di beni ammortizzabili (vale a dire, i contributi in conto impianti), indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato.
La Cassazione definisce i contributi in conto impianti quali contributi finalizzati all’acquisizione di beni materiali o immateriali ammortizzabili ai sensi del Dpr 917/1986, articoli 102 e 103 (ex articoli 67 e 68), qualunque sia la modalità di erogazione degli stessi: attribuzione di somme in denaro, riconoscimenti di crediti di imposta o altro. Diversamente, i contributi in conto capitale sono somme erogate per aumentare i mezzi patrimoniali dei soggetti beneficiari, senza perciò che la loro concessione si correli all’onere dell’effettuazione di uno specifico investimento.
Conformemente a quanto già in precedenza affermato (anche con la sentenza numero 781/2011), i giudici di legittimità evidenziano che “la scienza economica ha individuato la ulteriore categoria dei contributi misti, cioè concessi al fine generico di potenziare l’apparato produttivo, che in genere vengono qualificati quali contributi in conto capitale, in quanto mancherebbe una specifica correlazione con l’acquisto di beni ammortizzabili”.
A parere della Cassazione, di fronte a “contributi concessi in relazione a piani di investimento complessi che comprendono sia spese di acquisizione di beni strumentali ammortizzabili, sia spese di diversa natura, sempreché non ci siano dei criteri oggettivi che consentano la ripartizione del contributo tra le varie voci, l’intero importo del contributo stesso dovrebbe essere assoggettato alla disciplina dei contributi in conto capitale”.
Il collegamento dei contributi ai costi (che rende operativo il criterio di competenza) emerge dalla circostanza che la norma suindicata prevede che il contributo in conto impianti debba essere necessariamente collegato “all’acquisto di beni ammortizzabili”.
Secondo la Cassazione, i contributi che non hanno tale caratteristica (ad esempio, perché relativi all’acquisto di beni non ammortizzabili o per interventi su beni già ammortizzati) sono considerati plusvalenze, tassabili col criterio di cassa, e ciò è conforme alla ratio economica che ne esclude il diretto collegamento con i costi.
CONCLUSIONI
La Corte di cassazione, nel respingere il ricorso, afferma che la Ctr, rilevando che “le opere di ristrutturazione, cui si riferivano i contributi in contestazione, erano dirette quantomeno a potenziare una struttura già esistente e non anche ‘all’acquisto ex novo’ di beni ammortizzabili, ha correttamente ricompreso i contributi in oggetto tra quelli in conto capitale, integranti ‘sopravvenienza attiva’, tassabile pro quota nell’esercizio in cui gli stessi sono incassati e nei successivi, non oltre il quarto, con conseguente legittimità dell’accertamento per omessa dichiarazione di sopravvenienze attive”.