[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]
Una vicenda piuttosto comune nella vita condominiale è quella relativa alla vendita di una unità immobiliare situata nell’edificio. L’alienazione di una porzione di piano in proprietà esclusiva apre immediatamente al tema della suddivisione degli oneri condominiali tra cedente ed acquirente. È questa una vicenda che coinvolge non soltanto le parti del contratto di vendita, ma anche l’ente di gestione, sotto il profilo della possibilità per il condominio – si vedrà quanto estesa, a seconda dei casi – di rivolgersi, ai fini del pagamento dei contributi, all’uno o all’altro dei soggetti che si avvicendano nella titolarità dell’unità immobiliare.
Le obbligazioni reali
Gli obblighi dei proprietari esclusivi di contribuire alle spese per le parti comuni rientrano nella categoria delle obbligazioni reali, anche dette propter rem o ob rem. La peculiarità di questa figura giuridica sta in questo, che la titolarità dal lato passivo dell’obbligazione dipende dalla titolarità del diritto reale sulla cosa per il godimento e la conservazione della quale si sostengono le spese. In altre parole: il soggetto tenuto alla contribuzione alle spese è il soggetto proprietario dell’unità immobiliare ed è tenuto alla contribuzione proprio in virtù del suo diritto di proprietà. Le obbligazioni reali sono caratterizzate dal principio della ambulatorietà passiva: a seguito della successione nella titolarità del diritto reale, anche la titolarità dell’obbligazione di contribuire alle spese si trasmette da un soggetto all’altro.
In base a quanto detto, a seguito della vendita dell’unità immobiliare si assiste al mutamento del soggetto obbligato nei confronti dell’ente di gestione al pagamento degli oneri condominiali. Si badi, questo vale soltanto per gli oneri maturati dopo il passaggio di proprietà (salvo quanto introdotto dalla riforma del condominio all’art. 63, co. 5, disp. att. cod. civ., si veda infra). Per quanto riguarda i contributi maturati prima del passaggio di proprietà e non pagati dal cedente, infatti, è stato autorevolmente sottolineato che non si assiste al subentro dell’acquirente nella posizione debitoria del suo dante causa, il quale non è liberato dalla sua obbligazione (Terzago G., Il condominio, Milano, 2010, 491).
La solidarietà tra cedente ed acquirente
L’art. 63, co. 4, disp. att. cod. civ. stabilisce che “Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”. Pertanto, i contributi già maturati e non pagati possono essere richiesti o all’acquirente o all’alienante; più precisamente, all’acquirente possono essere chiesti soltanto quelli relativi all’anno in corso ed a quello precedente. Non si ha, dunque, subentro del nuovo proprietario nella posizione debitoria del precedente; ciò che si verifica è l’acquisto da parte del condominio di un nuovo debitore, che si affianca al precedente senza sostituirlo. È in questo che consiste la solidarietà passiva: entrambi i debitori sono tenuti all’adempimento e il creditore può rivolgersi indifferentemente ad uno o all’altro.
In tale contesto occorre distinguere, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. II, 2 maggio 2013, n. 10235), tra rapporti esterni – tra proprietario e condominio – e rapporti interni tra alienante ed acquirente. I primi sono regolati dal suesposto principio dell’ambulatorietà passiva: l’acquirente di un’unità immobiliare può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui, ma non al suo posto. I secondi sono invece regolati dal principio generale della personalità delle obbligazioni: l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino.
Conseguenza di quanto detto è che se l’acquirente, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva, è stato chiamato dal condominio a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore alla vendita, ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa.
In questo sistema la riforma del condominio ha introdotto una novità; l’art. 63, co. 5, disp. att. cod. civ. afferma che “Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”. Il cedente resta quindi tenuto al pagamento dei contributi maturati anche dopo il passaggio di proprietà, sino alla trasmissione all’amministratore della copia autentica del titolo di vendita.
Riepilogo
Sembra opportuno, a questo punto, riepilogare l’estensione dell’oggetto delle obbligazioni di cedente ed acquirente, distinguendo i contributi secondo il momento della loro maturazione: a) fino a due anni prima del passaggio di proprietà; b) nell’anno precedente e nell’anno in cui avviene la vendita; c) nell’intervallo tra la vendita e la trasmissione all’amministratore di copia autentica del titolo; d) dopo la trasmissione del titolo.
Nell’ipotesi a), il soggetto tenuto al pagamento è esclusivamente l’alienante. Nelle ipotesi b) e c), cedente ed acquirente sono obbligati in solido al pagamento. Nell’ipotesi d), il soggetto tenuto al pagamento è esclusivamente l’acquirente.
Dalla schematizzazione esposta risulta evidente che, al fine di collocare i contributi negli intervalli temporali indicati e conseguentemente individuare il soggetto tenuto alla loro corresponsione, è necessario comprendere quale sia l’esatto momento nel quale sorge l’obbligo di contribuire a questa o a quella spesa. È cioè necessario individuare il momento genetico dell’obbligazione.
Spese ordinarie e spese straordinarie
La citata Sentenza 10235/2013 ha risolto un contrasto tra differenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Si registrava infatti, quanto al momento genetico dell’obbligazione, una oscillazione: tale momento veniva individuato ora con riferimento alla deliberazione della spesa, ora nel momento in cui la spesa viene effettuata. La pronuncia in oggetto prospetta una soluzione più articolata, distinguendo tra spese ordinarie e spese straordinarie.
Per le spese ordinarie, l’insorgenza dell’obbligazione deve essere individuata con il compimento effettivo dell’attività gestionale relativa alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi, sul presupposto che l’erogazione delle inerenti spese non richiede la preventiva approvazione dell’assemblea condominiale (ma soltanto l’approvazione in sede di consuntivo), trattandosi di esborsi dovuti a scadenze fisse e rientranti nei poteri attribuiti all’amministratore in quanto tale e non come esecutore della delibera assembleare di approvazione del preventivo, la quale ha valore meramente dichiarativo e non costitutivo.
Quanto alle spese straordinarie, l’obbligo in capo ai singoli condòmini non può essere ricollegato all’esercizio della funzione gestionale demandata all’amministratore in relazione alle somme indicate nel preventivo, ma deve considerarsi quale conseguenza diretta della relativa delibera assembleare (avente, questa, valore costitutivo e, quindi, direttamente impegnativa per i condòmini che l’adottano) con la quale siano disposti gli interventi di straordinaria amministrazione ovvero implicanti l’apporto di innovazioni. In questo caso l’insorgenza dell’obbligazione viene individuata nel momento della delibera assembleare che abbia deliberato la spesa straordinaria.
In estrema sintesi, per le spese ordinarie è tenuto il soggetto che è proprietario al momento dell’erogazione della spesa, per le spese straordinarie è tenuto il soggetto che è proprietario al momento della delibera di approvazione della spesa.